Foto: Cantina Strappelli |
Vino e Innovazione Tecnologica
Vino e Pregiudizio
Sono rare le occasioni in cui la ragione mi trattiene e
quasi sempre seguo l’istinto. Spesso questa mia attitudine mi ha fatto incorrere
in pregiudizi e grandi errori ma, col senno di poi, mi sono reso conto che se
ci avessi ragionato meglio la conclusione (che non sarebbe poi cambiata)
sarebbe arrivata prima del tempo.
Il risultato è che i pensieri e le emozioni (che non sono così differenti) hanno solo due velocità diverse. Una arriva prima e l’altra poco dopo.
Gli sbagli sono macigni da portarsi quindi tanto vale prenderne coscienza subito e non pensarci più.
Mi spiego meglio con un esempio:
Clos De Lambrais è un Gran cru di Morey-Saint-Denis, un monopole, ovvero di esclusiva proprietà di un domaine. È un vino che in più di una annata mi ha regalato grandi esperienze che si sono trasformate in bellissimi ricordi ma questa volta è successo qualcosa che mi ha fatto perdere di vista l’unica cosa vera e importante: il qua e ora e cioè il vino nel calice nel momento in cui lo bevo!
Una settimana fa un amico ha portato questa interessante bottiglia: un piccolo bagnami di quello che cerco in un vino: grazia, leggiadria, grande presenza e personalità.
Piccoli frutti di bosco maturi, una bellissima parte fumosa e balsamica unite a una vibrante mineralità. Doveva bastarmi per soddisfare le mie pulsioni ma poi i ragionamenti sono arrivati, come fanno sempre, a disordinare il mio cervello e le mie logiche. Però è un 2010 ed è troppo pronto. Però è un 2010 ed è poco grintoso. Però è un 2010 e non mi dà l’idea di avere ancora lunga vita.
Mentre il suo ventaglio aromatico mi rapiva, le domande aumentavano
e la cosa mi faceva pensare e arrabbiare nello stesso tempo. Il sorso, a tratti
poetico, stava in perfetta fusione con tutto il resto e il vino non aveva la necessità
di dimostrare nulla a nessuno proprio come tutte quelle cose che non hanno
bisogno di essere forti per esser forti.
Le aspettative
sono il male assoluto perché spostano il punto di partenza e di vista da reale
a personale. Questo vale per persone, amori e vino. Ho dovuto riflettere una
settimana su qualcosa per cui da riflettere non c’era nulla. Ho solo perso
tempo in paragoni e ragionamenti machiavellici perché il vino era eccezionale.
Punto.
Il resto è aria fritta. Quando qualcuno o qualcosa è sicuro di ciò che è se ne frega di come
lo percepisci tu. La sua più grande qualità era proprio questa coscienza di sé e
avrebbe dovuto bastarmi per farmi saltare sulla sedia.
La scorsa settimana ho sbagliato, non succederà più.
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Come ti conquisto l’aspirante sommelier
Ormai in ogni dove si organizzano corsi di avvicinamento al vino e sempre più con interesse e curiosità sono frequentati da numerose donne (viva Dio!).
E’ per questo amici che voglio darvi alcuni consigli pratici
su come il vino può trasformarvi in autentici latin lover.
Una volta conosciuta la donzella invitatela a cena in un
locale con una buona carta dei vini. All’ingresso nella sala cominciate a
guardare i tavoli (che molto probabilmente avranno bottiglie importanti) con
sufficienza e con quell’aria snob che contraddistingue chi di vino ne conosce
bene.
Dopo aver consultato la carta alzate la mano in direzione
del sommelier ed ordinate quel vino che l’ultima volta che è stato richiesto
c’erano ancora i sesterzi.
Più sconosciuto è, meglio è.
RICORDATE amici: voi
non bevete etichette, avete già superato quella fase della vostra
formazione.
E ora arriva il bello. Consiglio vivamente di imparare
queste frasi a memoria tenendo bene a mente che in futuro non avrete una
seconda possibilità per sembrare dei fenomeni.
Quando vi verseranno il vino per farvelo assaggiare, la
vostra compagna, essendo nella fase di studio lo osserverà cercando di capire
se il rosso è rubino o porpora e se c’è già l’unghia evoluta.
Voi con estrema non calanche fate un sospiro, guardatela
negli occhi poi volgete lo sguardo verso il sommelier esclamando: un bellissimo impatto cromatico che lascia
presagire una buona dinamica evolutiva.
E con ogni probabilità lei si starà già innamorando.
Dopo portate il vino al naso e inspirate con delicatezza e
guardando il sommelier asserite che va bene e che può versare il vino nel
calice.
RICORDATE: voi non avete bisogno di assaggiarlo. Voi sapete
già tutto!
A questo punto siete soli e parlerete del più e del meno raccontando
soprattutto delle visite ai più grandi produttori del mondo (anche se non le avete
mai fatte) chiamandoli per nome come vostri vecchi amici.
E’ il momento della serata in cui lei comincerà a fare
l’analisi organolettica. Consiglio: lasciatela fare e fatele i complimenti.
Nel mentre mettete sul banco un carico da undici aggiungendo
alla sua descrizione alcuni sentori assurdi ma precisi: una bellissima nota di noci di macadamia, una sfumatura di ribes
provenzale, e a chiudere la
partita l’alchechengi.
E vi assicuro che nessuno sa di cosa odora l’alchechengi
nemmeno alchechengi stesso!
State pur certi che ora
lei è già pronta a passare il resto della vita con voi.
Ma non è finita qui. Lei, continuando nella degustazione, comincerà a pensare: secco, caldo, morbido, mediamente persistente e così via.
E’ in questo momento che allungate una mano a sfiorare la
sua ed esclamate con voce decisa: questo è un grande vino ma al di là di tutto
mi fa impazzire la parabola monodirezionale che disegna in bocca
stratificandosi e amplificando pressione e allungo.
Ora non importa se voi assomigliate a Lino Banfi, è in questo preciso istante che vi sta guardando come un ribelle a torso nudo e braghe di pelle sulla sua harley che attraversa il deserto, con il vento tra i capelli e l’occhio socchiuso da guerriero, che la salva dalla banda di motociclisti che la tiene prigioniera.
Siate signori, pagate il conto e accompagnatela a casa ma sappiate che se l’aspirante sommelier non vi invita a salire tanto vale che prendiate i voti.
Non ditemi grazie.
Il talento è poca cosa ne non condiviso.
Wine Writers: Nella Stanza di Michelangelo Tagliente storie di vino, di persone, di luoghi
Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana.
Michelangelo Tagliente nasce nel 1967 in Puglia, per la precisione a Massafra in provincia di Taranto, detta anche la Tebaide d’Italia. Qui Pasolini, nel 1964, tra le vie di tufo, ambientò la Cafàrnao de Il Vangelo secondo Matteo. All’età di un anno si trasferisce con la famiglia a Pordenone dove abita fino al 1998 prima di traslocare nel Veneto orientale, lungo il fiume Lemene. Giornalista pubblicista, iscritto alla FIJEV ( Federation of Wine and Spirits Journalists and Writers). Sommelier AIS, oltre ad essere il direttore e l’editore de La stanza del vino, online dal 2010, collabora con la rivista James Magazine e con il mensile di cibo e cultura Taste of Passion. Ha collaborato con la guida Slow Wine.
“Sono una parte di tutto ciò che ho trovato sulla mia strada.” (Lord A. Tennyson)
Qual è la strada che ti ha portato in questo singolare mondo del vino?
Al vino ci arrivo per innamoramento. Fino al 2002 il vino non rientrava nel mio paniere, ero un consumatore assolutamente distratto e occasionale, poi un giorno in edicola vengo attratto da un libricino I migliori vini d’Italia – Piemonte . È il primo numero di una collana Hobby & Work ed è pubblicato in collaborazione con Veronelli Editore. Rimango letteralmente folgorato dall’editoriale di Luigi Veronelli che ad un certo punto scrive: …il vino doveva essere un alimento assai più che un piacere. I giovani, invece, vogliono vini buoni, complessi, addirittura problematici con cui dialogare. Ma come, possono esistere vini complessi? Addirittura problematici, con cui dialogare? Salto sulla sedia, devo capirne assolutamente di più. Divento un lettore onnivoro del Gambero Rosso, Civiltà del Bere, il Mio Vino, naturalmente completo la raccolta dei 30 numeri de I migliori vini d’Italia, si spalancano le porte di un mondo che mi cattura. Decido così di partecipare ad una degustazione nel posto dove abito. Il programma propone i vini di due cantine, una del Collio, La Castellada e una dei Colli orientali, Dorigo, abbinati ai formaggi scelti da un certo Alberto Marcomini. Vado fiducioso, non so ancora che sto per entrare nell’Eden. Impazzisco per il Bianco de La Castellada, mi cambia letteralmente la prospettiva, poi scopro che Alberto Marcomini è uno dei più grandi esperti di formaggi in Italia e mi si apre un mondo anche in quell’ambito, la notte faccio fatica a dormire, sarà per me il famoso punto di non ritorno, dopo quel giorno nulla sarà più come prima. Il resto viene da sé, dopo qualche anno frequento con profitto i 3 livelli AIS, grazie ai quali capisco che il vino è materia infinitamente complessa, alla quale è necessario approcciarsi con grande umiltà e dedizione. Nel 2009, quando Facebook era ancora ad uno stadio quasi embrionale, inizio a pubblicare alcune note di degustazione, poi, nel 2010, in un momento di megalomania, convinto che sarei durato al massimo un mese, decido di aprire il blog La stanza del vino, credo sulla piattaforma Splinder. Qualche anno dopo acquisto il dominio lastanzadelvino.it. Da allora sono passati 13 anni, tempo che per la Rete è praticamente un’era geologica fa e, nonostante tutto quello che c’è stato nel mezzo, sono ancora sul pezzo, anzi, giusto lo scorso anno ho rinnovato il sito e registrato in tribunale come periodico online.
“La lunghezza effettiva della vita è data dal numero di giorni diversi che un individuo riesce a vivere. Quelli uguali non contano.” (Luciano de Crescenzo)
Quali sono i tuoi giorni indimenticabili?
Naturalmente ti racconterò di quelli in ambito enogastronomico. Il primo è un giorno di settembre del 2010. Avevo iniziato da qualche settimana con il blog e decido, confrontandomi con me stesso e dandomi ragione, che sono abbastanza popolare per poter intervistare Roberto Cipresso. Tieni conto che in quel periodo i winemaker erano ancora considerati degli dèi, Roberto era reduce da uno dei più grandi successi letterari in ambito enogastronomico Il Romanzo del vino; Robert Parker jr. assegnava punteggi stratosferici ai suoi vini e uno dei luoghi dove presentava il suo Brunello era il Four Season di New York, così per dire. Gli invio le domande tramite i messaggi di Facebook assieme al mio numero di telefono, convinto che mi avrebbe snobbato; invece, chiama e mi tiene al telefono mezz’ora; le domande gli sono piaciute e dopo qualche giorno arriva il file con le risposte. Questo episodio ha confermato quello che vado pensando da sempre, ovvero che la grandezza di una persona è direttamente proporzionale alla sua umiltà. Con Roberto è nata poi una bella amicizia, con lui ho un legame speciale. Un'altra giornata indimenticabile segna nel calendario un giorno di febbraio del 2011 la prima visita da Marko Fon, in realtà anche quelle successive. Gli incontri con Marko non sono semplici visite in cantina o degustazioni più o meno formali, sono veri e propri momenti di maieutica, non ci sono verità preconfezionate, c’è il tuo coinvolgimento diretto, non puoi essere diverso da quello che sei, non qui, non nel Carso di Marko Fon. Poi la cena a Russiz Superiore nel luglio 2012, in cucina c’è Massimo Bottura. Il compianto Roberto Felluga mi invita a questa cena, ero convinto fosse una cena stampa, arrivo e scopro che è praticamente una cena privata per pochi intimi; immaginate Massimo Bottura e Franco Aliberti che usano la cucina di casa vostra per deliziarvi con i loro piatti tristellati abbinati ai grandi vini di Russiz Superiore. Anche quella sera ho fatto fatica ad addormentarmi. Ne avrei altre, ma poi diventerebbe un romanzo. Ad ogni modo, grazie al vino, ho avuto la fortuna di fare delle esperienze incredibili, sono un privilegiato.
“Il vino è una malattia dell’anima: nessun carattere tiepido può occuparsene, otterrebbe solo bottiglie senza personalità.” (M. Mariani)
Qual è la ricetta giusta per ottenere un vino con personalità? Per occuparsi di vino bisogna essere un po’ folli? La parola d’ordine oggi è identità. Quanto conta la storia del territorio e quanto lo stile di produzione?
Non ho la presunzione di indicare ricette giuste, ci mancherebbe. Per fare un vino con personalità entrano in campo molti fattori, terroir, stile di produzione, annata, ecc. Se ti riferisci a tutte le problematiche, annesse e connesse, che ha la vita del vignaiolo, un po’ folli bisogna essere di sicuro per dedicarsi al vino. Di una cosa sono certo però, se penso ai vini che mi hanno folgorato lungo la via di Damasco in questi anni, sono tutti fatti da vignaioli di grande personalità e carisma: penso a Marko Fon, Nicola Manferrari, Nico Speranza, Miha Batic, Roberto Felluga, Cataldo Calabretta. Infine credo che terroir e stile di produzione siano indissolubilmente legati, ovvero uve coltivate in territorio fantastico le puoi rovinare con uno stile di produzione insensato, magari seguendo una moda.
"Il rosa, a volte è un velo, a volte un riflesso, a volte una sfumatura, quasi mai esiste come puro colore rosa." (F. Caramagna)
Come esperto e degustatore di vini ti capita spesso di partecipare ad eventi dedicati ai vini rosati. Molti pensano ancora che non sia davvero un vino. Difficile da fare, (perché il grande vino rosa è un vino serissimo) solo alcuni vignaioli italiani hanno investito in una produzione di eccellenza. Come mai il nostro rosé non riesce a decollare pur essendo una grande risorsa nazionale?
Se c’è ancora qualcuno che pensa che il vino rosa non sia davvero un vino commette una leggerezza imperdonabile, dettata dall’ignoranza e spero non dalla malafede. Rispetto a qualche anno però le cose stanno cambiando, sono sempre di più i vignaioli che investono in produzioni di eccellenza e il vino rosa è sulla bocca di tutti, in ogni senso. È una moda? Non credo, non dimentichiamoci che vantiamo territori unici al mondo per la produzione di questa tipologia di vino. Chiaretto di Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Cirò rosato, Salice Salentino rosato, sono in grado di regalarci delle eccellenze assolute a patto di non scadere nel solito tranello del confronto con i francesi, dobbiamo sempre ragionare nell’ottica dell’alternativa e non della contrapposizione. Non è un caso che, proprio qualche settimana fa, l’associazione Rosés de Terroirs, fondata da alcuni dei nomi più prestigiosi del vino rosé francese, in tour in alcuni grandi ristoranti stellati francesi, ha voluto anche un Chiaretto di Bardolino, quello dell’azienda agricola Le Fraghe 2016 di Matilde Poggi. Ci sono anche altri due preconcetti da scardinare in merito al vino rosa, il primo è che non va bevuto solo d’annata, ma può essere bevuto con grande giovamento anche dopo qualche anno; il secondo è la destagionalizzazione, si deve bere tutto l’anno e non solo d’estate.
“Il prossimo step nell'evoluzione del marketing non riguarderà più il prodotto, ma una sua migliore produzione.” (C. Penn)
Da alcuni anni il sistema legislativo delle denominazioni di origine italiane è in discussione. La piccola doc dovrebbe rientrare nella più grande per aumentare la competizione sul mercato. Così facendo non si rischia di perdere la celebrata identità territoriale a favore solo di quella economica? Cosa deve essere cambiato e da dove cominciare?
Questa tua domanda richiederebbe come minimo un trattato per rispondere. A volte in nome del mercato si commettono delle nefandezze incredibili e resto convinto che il passaggio dal piccolo al grande, solo per avere maggiore visibilità, possa portare, indubbiamente, ad un appiattimento della qualità verso il basso che può essere facilmente mascherata sotto le spoglie della grande DOC. Resta il fatto, per quanto mi riguarda, che il valore più importante che possa avere un vino è quello di essere identitario, riconoscibile.
“Io dico una cosa, e voi ne scrivete un’altra, e quelli che vi leggono ne capiscono un’altra ancora.” (N. Kazantzakis)
Qualcuno afferma che il giornalismo del vino non esiste per via dello stretto rapporto economico tra aziende e il mondo della comunicazione. Come editore del magazine La stanza del vino e wine writers da anni cosa ne pensi? Hai un episodio insolito o curioso da condividere della tua esperienza da direttore del tuo giornale?
Temo che non sia solo il giornalismo del vino a non esistere, ma che sia in serio pericolo il giornalismo tout court. Sarebbe necessario recuperare il vecchio assioma che vede il giornalista come cane da guardia del potere. Tornando al giornalismo del vino, in Italia esistono degli straordinari professionisti, ma temo che il problema dell’indipendenza sia un po’ il punto cardine di tutta la faccenda. Inoltre, abbiamo un grosso problema con gli editori/imprenditori che non hanno mai investito seriamente in questo settore consentendo che il lavoro giornalistico venga pagato quanto una pipa di tabacco se non addirittura zero. Sto semplificando al massimo, ma potremo parlare di vero e proprio giornalismo del vino solo quando esisterà un giornalista veramente indipendente, perché pagato il giusto da un editore serio e che sia in grado di parlare di vino in maniera critica ma costruttiva, senza tecnicismi esasperati e in senso più ampio; trattando il vino come fatto culturale, collegato alla storia di un luogo e delle persone che quel luogo abitano, ovvero quando rinasceranno Veronelli, Soldati, Mura. Per gli episodi curiosi, ma anche scioccanti, ne avrei un bel po’ da raccontarne, ma per motivi di spazio e rischio querele mi taccio.
“L’uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa.” (William James)
Che aspetto ha per te una vita ideale?
Questo è un domandone. L’ideale per me è collegato a qualcosa di astratto. Diciamo che sono molto vicino al pensiero espresso dalla critica filosofica Ninomanfrediana: basta 'a salute e un par de scarpe nove poi girà tutto er monno.
"Restare è esistere, ma viaggiare è vivere." (G. Nadaud)
C’è un viaggio o una vacanza che non dimenticherai mai?
Il viaggio nella Calabria ionica fatto nell’estate 2016. In quel luogo aspro e incantato, grazie al mio amico fraterno Gino Marino da Cropalati, ho ritrovato la Xenia, ovvero il concetto di sacralità dell’ospite che deriva dal mondo greco antico, oltre a scoprire straordinarie perle enoiche e gastronomiche. Ci sono già tornato tre volte.
“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur)
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita?
Anche questo è un domandone. Arrivato alla veneranda età di cinquanta cinque anni non ho ancora capito qual è la mia filosofia di vita e quindi sto cercando questa bottiglia come il Santo Graal, infondo spero di non trovarla mai.
“Il futuro inizia oggi, non domani.” (Papa Giovanni Paolo II)
Quasi tutti abbiamo un piano che ci proietta nel futuro. Come vedi la tua vita tra 10 anni?
Anche in questo caso mi riallaccio alla critica filosofica Ninomanfrediana di cui sopra. Spero di trovare i miei cari e me stesso in salute e con una sana voglia di vivere. Poi sarò vicino alla pensione e finalmente parteciperò a tutti i press tour e alle anteprime possibili e immaginabili, cosa che oggi, per portare a casa la pagnotta, mi è preclusa.
Non tutti sanno che…
In realtà nasco come musicista. Ero iscritto alla SIAE come compositore melodista e paroliere, avevo fatto gli esami a Venezia, chiuso nella stanzetta da solo con lo strumento e la partitura. Tra il finire degli anni ’80 e i primi anni ’90 ho scritto delle canzoni pop bellissime, peccato che nessuno le abbia mai sentite.
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