Wine Writers: Maurizio Valeriani, il big director con il vino nella testa e la Sardegna nel cuore



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 


Maurizio Valeriani è un giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice del Concorso Mondiale di Bruxelles e giudice del Concorso Mondiale del Sauvignon, docente F.I.S.A.R. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime: Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018) ed i Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso (edizione 2023). Ha collaborato con le testate: www.lucianopignataro.it, www.repubblica.it/sapori ed Epulae. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano Il Mattino e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di Sardegna, per le sue terre e per la sua gente. Dirige il magazine Vinodabere da 5 anni. 



 "In fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita." (Gustave Flaubert) 
Dalla tua laurea in economia e commercio al mondo del vino. Come ci sei arrivato? Quanto ti appassiona questo lavoro? 
Due cose apparentemente scollegate ma in realtà il mondo del vino (e quello più in generale dell’enogastronomia) è servito in un primo momento da rifugio dal mondo dei numeri. Poi gradualmente ha riempito le mie giornate fino a rappresentare per me, ormai da tanto tempo, una professione che svolgo con la passione e l’entusiasmo ancora degli inizi, nonostante aver ben chiaro che anche questo ambiente è uno spaccato della società, con gli stessi problemi, con gli stessi pregi e difetti di altri ambiti. 


“La concretezza è spesso silenziosa, non ha bisogno di inutili parole.” (F. Caramagna) 
Ti conosco come un uomo concreto, attivo e pieno di iniziative. Un carattere che hai ereditato o lo hai costruito con l’esperienza? 
Penso di averlo ereditato un po’ da mio padre, anche se a me basterebbe essere anche solo un quarto di quello che è stato lui (per me esempio inarrivabile di intraprendenza, abnegazione e dedizione al lavoro e alla famiglia). Poi sicuramente anche l’esperienza aiuta. Ho sempre pensato che più fai e più hai voglia di fare. 


"Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni." (Leonardo Da Vinci
C’è un luogo magico nella tua vita che si chiama Sardegna. È proprio lì che si trovano homini felici e vini buoni? Sì è esatto, c’è qualcuno che soffre di mal d’Africa, io soffro del mal di Sardegna, e cambio umore ed inizio a perdere la dimensione del tempo ogni volta che scendo dal traghetto, metto i piedi sull’Isola e respiro quell’aria fatta di macchia mediterranea e di tanti profumi, che cambiano durante la giornata. Terra di persone fantastiche, legate alle origini ed alle tradizioni, di diffidenza che si trasforma poi in grande ospitalità. I vini, poi, hanno raggiunto vette qualitative incredibili, ottenuti nella stragrande maggioranza dei casi nel rispetto del territorio e della natura. 


“Nulla è più complicato della sincerità.” (Pirandello) 
La sincerità nel tuo lavoro di giornalista è necessaria. Il confine tra pubblicità e notizia è sempre percettibile? Come si gestiscono gli sponsor in un magazine di vino? È vero che, per questa difficoltà, non esiste un giornalismo del vino? Iniziamo dall’ultima domanda. Fortunatamente il giornalismo del vino esiste eccome, nonostante alcune recenti polemiche che però spesso nascono da particolari pulpiti. Si fa molta confusione tra testate giornalistiche registrate (qual è Vinodabere, da me diretta) e blog. Credo in ogni caso che anche su questo punto si misuri l’autorevolezza di una testata giornalistica. I lettori non sono affatto stupidi e sanno comprendere il confine tra recensione e marchetta ed alla lunga la professionalità premia. 


"L’unico rimpianto della mia vita è di non avere bevuto abbastanza vino." (Hemingway) 
Il tuo lavoro è fatto per lo più di viaggi, concorsi, degustazioni e assaggi. La tua esperienza in campo è vastissima. Il mondo della produzione del vino è cambiato in questi ultimi anni? E la acclamata identità oggi è un valore aggiunto o prioritario? 
 Direi che, almeno in Italia, è cambiato il gusto e di conseguenza lo stile di produzione, che ricerca sempre più vini eleganti e di facile bevibilità, talvolta a scapito di struttura e complessità. Mi auguro che l’identità e la territorialità diventino sempre più (ed in parte è già avvenuto) parole concrete e non di propaganda. 


“Crisi significa semplicemente che devi scegliere: non hai più scuse per rimandare o arrabattarti nel tuo mondo.” (F. Caramagna) 
La crisi è mondiale. Forniture di vetro a rischio, fonti energetiche rincarate, conflitto bellico alle porte. In questo quadro infelice cosa non dobbiamo più rimandare e come si tutela il mondo del vino? 
Non faccio il politico e non ho ricette da suggerire pur essendo un attento osservatore dei fenomeni in atto. 


“Il segreto per essere un buon viaggiatore è amare un posto prima di arrivarci”. (F. Caramagna) 
C’è un viaggio o una vacanza che non dimenticherai mai? 
Andalusia nel 2002, un fantastico giro nella parte più a sud dell’Europa Continentale con una luce d’Africa (data la vicinanza), le splendide città di Granada e Cordoba e gli straordinari vini ossidativi di Jerez. 


“Quelli che rinunciano sono più numerosi di quelli che falliscono.” (Henry Ford) 
A cosa non potresti mai rinunciare? 
Alla mia libertà ed indipendenza di giudizio, ma anche alla scoperta di nuove realtà nel mondo del vino. Pur assaggiando più di diecimila vini l’anno ho sempre da imparare ed il fatto di non esaurire mai la conoscenza di questa materia è forse proprio il motivo del suo grande fascino. 


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
Pur avendo un’incredibile passione per il mondo del vino sono dell’idea che questa materia debba essere trattata in maniera semplice con la finalità di godere appieno del liquido che abbiamo dentro il calice. Parliamo sì di cultura, ma di cultura materiale, perciò associarla ad una filosofia di vita per me è decisamente troppo. 


“La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!” (Tom Hanks in Forrest Gump) 
Qual è la cosa migliore che ti potrebbe capitare ora o in futuro? 
Si chiudono porte e si aprono portoni, spesso le cose migliori arrivano da situazioni che non ti aspetti o comunque da individui a cui non pensi. Sarei felice se tutte le persone (per molte già sta accadendo) che hanno contribuito al successo di Vinodabere siano conosciute ed apprezzate per la professionalità con cui operano nel mondo del vino. 


Non tutti sanno che… 
Sono un inguaribile rompiscatole.








Wine Writers: Carlo Macchi, il futuro di Winesurf? Un magazine sempre più libero e indipendente



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 

Carlo Macchi è nato a Firenze. Laureato in Filosofia è entrato nel campo dell'enogastronomia nell'anno 1987. Ha collaborato e collabora con molte importanti guide e riviste italiane ed estere del settore. Ha scritto libri e creato una nuova guida sui vini. E’ stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo. Ha partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui ha anche provato a superare, senza riuscirci, quello di Master of Wine. Dirige Winesurf da più di 16 anni. 



“L’inizio è la parte più importante del lavoro.” (Platone) 
Come ha cominciato Carlo Macchi? E qual è stato il tuo esordio nel mondo del vino? 
Mi ricordo, ero assieme agli ultimi dinosauri e stavano cadendo meteoriti dal cielo. In effetti non sono entrato nel mondo del vino in quell’epoca ma poco dopo. Ci sono arrivato come responsabile di una condotta dell’allora Arcigola (oggi Slow Food). Era il 1987 e forse non mi sono mai divertito così tanto in vita mia come in quegli anni. Organizzavamo le cose più folli e anche le più serie: Dalle cene con i comunisti a mangiare i bambini a manifestazioni per migliorare le mense ospedaliere e scolastiche. Al vino ci sono arrivato per forza: un responsabile Arcigola doveva conoscere assolutamente il vino, specie se vive in Chianti Classico e ha a un tiro di schioppo Montalcino, Montepulciano, San Gimignano. Mi ricordo che il primo corso che organizzai, a cui partecipai pure io, aveva come insegnanti Sandro Sangiorgi e Marco Sabellico. 



“La vita o si vive o si scrive, io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola.” (Pirandello) 
 Hai vissuto la tua vita scrivendo o vivendola? 
Oddio, spero di averla vissuta, anche perché sono anni che devo scrivere un libro serio, che non tratta di vino, e ancora non ho trovato il tempo. Non essendo poi molto bravo a scrivere avrei narrato e quindi vissuto proprio una vita di cacca. Ora che ci penso però da quattro anni ho la certezza di averla vissuta: la certezza si chiama Clara, la mia nipotina. Diventare nonno per me è stato come vincere 10 premi Nobel. Ho scoperto che tutto quello che ho fatto e non scritto ha portato a qualcosa di unico e irripetibile. 


“Colui che conosce gli altri è sapiente, colui che conosce se stesso è illuminato.” ( Lao Tzu) 
Pensi di conoscerti bene? Come ti descriveresti in soli tre aggettivi? 
Conosco i miei difetti benissimo, quello è il mio maggior pregio. Scherzi a parte penso di conoscermi bene, infatti spesso non mi sopporto. Vabbè ora serio, giuro: Se dovessi scegliere tre aggettivi, direi onesto, sognatore, caparbio. 


“L’ironia è la più alta forma di intelligenza e di difesa. Non cambia le cose ma ti insegna a riderci sopra invece di piangerti addosso.” (M.Licenza)
Sei un fan dell’ironia. Il rischio è quello di non essere preso sul serio? Ti è capitato di non essere capito? 
Mia moglie per anni ha detto ai miei figli: Attenti, quello che dice babbo va interpretato, lui scherza sempre. Questo è un esempio ma potrei fartene decine. Di solito, quando sono in situazioni dove nessuno, ma proprio nessuno, mi conosce faccio la persona serissima, ma quando capisco (magari sbagliando) che c’è spazio per una battuta non perdo l’occasione. Mi pare fosse Chaplin quello che diceva chi non ride mai non è una persona seria. Mi reputo una persona seria, non seriosa. Inoltre una battuta ti aiuta sempre a toglierti da situazioni difficili, almeno spero. 


Presto, portami un bicchiere di vino, in modo che io possa bagnare la mia mente e dire qualcosa di intelligente” (Aristofane) 
Cosa pensi delle differenti opinioni dei tuoi colleghi sul giornalismo del vino? E qual è il tuo parere in merito alla sua inesistenza? 
Per me il discorso è semplice: un giornalista si informa, controlla le fonti e poi scrive. Dall’altra parte c’è il lettore che compra il giornale per leggere quello che ha scritto il giornalista e non il responsabile della notizia, che paga perché venga pubblicata. Il giornalismo (non parlo di iscritti o meno all’ordine) non può dipendere da chi ti fornisce la notizia ma da quello che la legge e paga per farlo. Se tu, nel mondo del vino o in qualsiasi altro settore, scrivi perché sei pagato (o speri di essere pagato) da quello di cui hai scritto non sei un giornalista, non dai una notizia, non fai informazione ma pubblicità. Credo che nel nostro mondo ci siano pochi giornalisti, ma ci siano. Tanti bellissimi articoli che troviamo ogni giorno, scritti da colleghi italiani e esteri lo stanno a dimostrare. Chi dice che non esistono o è male informato o è volutamente male informato. 


“Non c'è alcuna crisi energetica, solo una crisi di ignoranza.” (R. B. Fuller) 
 Anche il mondo del vino sta affrontando la crisi energetica, conflitti bellici e aumento delle materie prime. Cos’è che preoccupa maggiormente il settore vitivinicolo? 
Le preoccupazioni sono moltissime ma quello che credo possa essere pernicioso è la perdita di interesse per il vino, dovuta sia al fattore alcol che al prezzo e alla crescita di altre bevande meno care e più trendy. Non nascondiamoci dietro un dito: nel vino c’è l’alcol, che non è certo un medicinale e prima o poi dovremo fare i conti con questa realtà. Se prendi la demonizzazione dell’alcol, aggiungi la diminuzione costante del potere d’acquisto con i prezzi del vino in crescita e mescoli il tutto con bevande strane e zuccherate a prezzi teoricamente più bassi ma promosse ovunque, ottieni un calo verticale della domanda ma soprattutto una specie di disinteresse modello volpe e uva: dove non arrivo non mi interessa. 


“Non sono rari gli storici francesi per i quali la storia del mondo è un episodio della storia di Francia.” (Nicolás Gómez Dávila) 
Per la produzione di vino, meno quantità - più qualità sembra un assioma superato. Oggi si dice: meno quantità - più identità. Perché arriviamo sempre dopo la Francia? 
Siamo noi che li facciamo andare avanti per vedere se vanno a sbattere. Scherzi a parte, la Francia rispetto a noi mostra, verso l’estero, una maggiore unità d’intenti e riesce a presentarsi al mondo, almeno apparentemente, unita. Da noi le cose non vanno così, se non ci dividiamo non siamo felici. Sul discorso meno quantità più identità provo a fare un discorso che covo da tempo, perché per me c’è un grosso fraintendimento. Maggiore identità vuol dire non solo promuovere un vino di territorio ma il territorio stesso. Il messaggio cambia e da assaggia il mio vino e senti quanto è buono diventa vieni nel mio territorio ad assaggiare il mio vino, oppure assaggiando il mio vino non potrai non venire nel mio territorio. Il grosso nodo che nessuno sembra vedere è che da consumatori ci stiamo lentamente trasformando in viaggiatori, che lavorano solo per andare da qualche parte a spendere quello che hanno guadagnato. Siamo consumatori solo nel senso che consumiamo il territorio di altri, a vicenda. E proprio perché non siamo a casa nostra ci sentiamo in dovere di agire, magari senza il minimo senso civico. Questo succede, per esempio in Chianti Classico e in Langa dove il riconoscimento Unesco sta creando, paradossalmente, dei problemi. Per quanto riguarda l’unicità nel vino: io posso valutare la qualità di un vino ma non l’unicità, perché, non conoscendo ogni vigneto, ogni microclima, devo fidarmi di quello che mi dice il produttore. Il mio vino è unico magari è verissimo ma non posso avere la prova che sia anche il migliore che si può fare in quel luogo, con quelle uve. Magari a causa di un’annata caldissima ho delle uve troppo mature, che da sole danno un vino unico, ma assieme ad altre uve, magari di zone vicine, darebbero un vino migliore. Le MGA o UGA da questo punto di vista andrebbero ritarate e considerate anche come blend di uve di vari territori vocati, non di singoli cru. 


“Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo, devi dargli un grande potere.” (Pittaco) 
Se potessi scegliere un superpotere, quale vorresti? 
Lasciando da parte la vista a raggi X per vedere le donne nude? In realtà c’è bisogno di una risposta seria. C’ho pensato parecchio ma alla fine non ne vorrei nessuno. Se avessi un superpotere dovrei usarlo per migliorare la vita di tutti ma questo sarebbe impossibile. Per esempio, avevo pensato al potere di rendere inattiva, all’occorrenza, qualsiasi arma, dalle bombe atomiche ad un semplice bastone. Ma magari gli uomini troverebbero altre armi immateriali, come il potere del denaro, per rendere gli altri schiavi e così il mio superpotere non servirebbe a niente. In un mondo cosi complesso e dove tutto si incrocia e si rapporta, un solo superpotere non ha potere. 


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
Quella che berrò domani, o dopodomani, o tra un mese. Per me il vino è curiosità, scoperta, storia, tradizione, genio, fatica, sogno. Quando faranno un vino che contiene queste e altre mille cose allora avrò trovato quella bottiglia. Intanto è bello avere migliaia di bottiglie e la mia filosofia di vita che suggerisce: Apri quella!


“Non conta da dove vieni, ma dove stai andando.” (Ella Fitzgerald) 
Cosa vedi nel tuo futuro? E dove andrai? 
Il compianto Gianni Mura diceva di usare la palla di lardo per vedere nel futuro. Io devo essere molto più modesto e quindi posso, al massimo, usare una pallina di pane, con risultati però immaginabili. Ma visto che sono un sognatore mi piacerebbe molto che quello che abbiamo iniziato a fare da pochi mesi avesse un grande successo e segnasse una strada per tutto il giornalismo online: sto parlando dell’abbonamento annuale che serve per consultare la nostra guida vini e molti altri articoli di Winesurf. Sarebbe un sogno e anche un ritorno alle origini: il giornalista affidabile, serio, scrive senza condizionamenti e vive grazie ai lettori che pagano per avere delle buone, serie e affidabili informazioni. Dove andrò? Spero di ritrovarmi tra 15-20 anni a festeggiare i grandi traguardi raggiunti dai miei figli e soprattutto da mia nipote. A quel punto potrei scriverci anche un articolo, magari l’ultimo, ma quello che uno sogna per tutta la vita di scrivere (e qui si ritorna all’inizio). 


Non tutti sanno che... 
Non so se rispondo a tono ma non tutti sanno che mia moglie è molto più brava di me nell’assaggiare il vino (non è che ci voglia molto). Ha un naso finissimo e molte volte mi rivolgo a lei per avere un quadro aromatico chiaro e trarne conseguenze. Del resto è figlia di un enologo e io di un signore che vendeva macchine per cucire.








Wine Writers: Roberto Giuliani: la mia vita? Reflex, Musica e Nebbiolo



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 

Roberto Giuliani, figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp. 



“Ogni bambino è un’artista. Il problema è poi come rimanere un’artista quando si cresce.” (Pablo Picasso) 
Sei cresciuto tra musica e libri. L’arte come eredità è stata una fonte di ispirazione per la tua vita o una forma naturale di libertà? 
Direi ambedue le cose. Già all’età di 13 anni, avevo l’abitudine di uscire di nascosto poco prima dell’alba e girare per le vie di Roma con una radiolina impostata su The Voice of America, un canale statunitense che trasmetteva jazz fantastico. Cinquanta anni fa percorrere le strade del mio quartiere non era pericoloso, mi divertivo ad osservare la città che prendeva vita osservando i corrieri, i postini, i fattorini dei mercati rionali impegnati nei loro rituali gesti di mestiere. Si viveva più sereni ed io ero un ragazzo felice.  In seguito, con gli anni a venire, ho vissuto in parallelo il senso di libertà e la passione per arti e lavori che sarebbero poi diventati l’oggetto del mio impegno futuro. 


“Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima.” (George Bernard Shaw) 
Considerando la tua passione per l’arte fotografica, cosa vedi di te riflesso in uno specchio e cosa in un tuo scatto fotografico. 
Allo specchio vedo un uomo irrequieto mai soddisfatto ma sempre pronto a reagire ai momenti di difficoltà attraverso viaggi, racconti fotografici o narrazione di luoghi e persone soprattutto legate al mondo del vino. Dei miei scatti amo, in modo particolare, i paesaggi ma sono compiaciuto anche quando, con il mio occhio fotografico, riesco a cogliere l’anima di chi ritraggo svelandone una parte più intima e nascosta. La fotografia per me deve avere una capacità evocativa, un alto contenuto comunicativo e possedere il dono di suscitare emozioni e ricordi.


“I computer sono inutili. Essi possono dare solo risposte.” (Pablo Picasso) 
Dal tuo lavoro di informatico alla tua passione per il vino. Come sei approdato in questo mondo così singolare? 
Di fatto il vino mi ha accompagnato tutta la vita ma ho sentito il desiderio di approfondire la conoscenza solo negli anni '90 frequentando un corso di sommelier AIS e poi cogliendo al volo l'opportunità di collaborare con Maurizio Taglioni alla realizzazione di Lavinium. La mia capacità di informatico mi ha permesso di divulgare attraverso il computer i contenuti del magazine al meglio. 


“Camminare con quel contadino che forse fa la stessa mia strada, parlare dell’uva, parlare del vino che ancora è un lusso per lui che lo fa.” (Rino Gaetano) 
Scrivere di vino è camminare per le vigne, raccontare, scoprire, viaggiare, studiare. Hai un ricordo particolare che vorresti condividere con i lettori? 
Difficile raccontare una sola esperienza delle tante che mi hanno fortemente coinvolto. Quello che posso dire è che il Piemonte e in particolare le Langhe sono stati in qualche modo la culla del mio amore per il vino e soprattutto per il nebbiolo, un vitigno che a mio avviso ha qualcosa di veramente unico e inimitabile. Se devo citare qualcuno che più di ogni altro mi ha fatto sentire a casa condividendo l’ottimo vino, il buon cibo, la musica e la scrittura è Alfonso Rinaldi, un piccolo ma immenso vignaiolo interprete magnifico dell’Erbaluce in quel di Suno, nel Novarese. Alfonso è davvero speciale, da sempre innamorato perso per il rock dei tempi dei Led Zeppelin, Deep Purple e Gun’s and Roses. La sua casa è un museo di oggetti e immagini legate a quell’epoca musicale e non c’è giorno che non abbia indosso una maglietta che ritragga uno dei gruppi che lui predilige. Con lo stesso amore si è dedicato alla sua vigna “Costa di Sera dei Tabacchei” per oltre trent’anni, dalla quale ha ricavato un solo straordinario vino del cui valore è stato sempre inconsapevole, tanto da averlo venduto a prezzi davvero irrisori. Ma lui è così: un puro e non gli interessa la notorietà o aumentare i profitti. E’ felice quando la gente apprezza il suo vino e si reca da lui per acquistarlo. Punto. Con lui ho festeggiato i miei 60 anni e i suoi 80.


“Il prossimo anno la ripresa. Proprio adesso che ci eravamo abituati alla crisi!” (Fabrizio Caramagna) 
Tra un conflitto bellico ancora in corso e prezzi energetici che aumentano, il mondo del vino è in continua tensione. Quali sono oggi le opportunità e quali le problematiche da affrontare. 
So di andare contro corrente ma io ritengo che invece di deridere colui che ha proposto una decrescita felice (Serge Latouche) bisognerebbe riflettere sui danni che sta facendo questo consumismo dissennato e senza limiti che, purtroppo, ha abbracciato anche il mondo del vino. Basti pensare, anche nel nostro Paese, a quanti territori sono stati letteralmente trasformati in monocoltura. Oggi si produce vino per venderlo in tutto il mondo: in Cina, in Giappone, in Vietnam, in Russia, in India. La visione collettiva è questa: nascono nuove realtà ogni giorno e tutte con mire espansionistiche. Il vino non è un’automobile, è un prodotto della terra e come tale richiede rispetto e soprattutto una diversa visione. La vite deve vivere in un ecosistema sano, per fare questo non si possono creare colline dove non ci sono, non si possono sfruttare terreni fino a distruggerne la loro esistenza per mero scopo redditizio. Eppure questo è ciò che sta accadendo in molti territori. Ci siamo talmente abituati a vivere così da considerarlo normale e giustificabile. La storia ci insegna che tutto si espande e si contrae. Questo non va mai dimenticato e l’idea di poter trasformare a piacimento un paesaggio in base alle esigenze del momento è folle. Qualunque conflitto esista sul pianeta è legato sempre alle stesse ragioni, il desiderio di appropriarsi delle risorse degli altri. Il mondo del vino è in tensione? Si cominciasse a riflettere se questo modello può essere portato avanti ancora, senza conseguenze drammatiche per tutto il pianeta. 


“Il vino fermenta. La stupidità mai.” (Proverbio russo) 
Ti è mai capitato di incontrare e, dunque, gestire la stupidità di qualcuno sulla tua strada? 
Per fortuna solo in modo molto marginale. Ma non ho mai permesso che la stupidità degli altri mi danneggiasse impedendomi di perseguire i miei sogni o i miei obbiettivi.


“In questa vita bisogna essere un po’ Santi e un po’ Eroi.” (Eduard Leon Word) 
Se potessi scegliere un superpotere quale vorresti? 
Ho già un superpotere: riesco a trovare sempre una energia vitale e ottenere soluzioni concrete quando devo affrontare e risolvere difficoltà e momenti difficili. Li supero in positivo grazie alla mia personalità creativa e ad un carattere determinato. Una eredità che sicuramente devo a mia madre che a quasi 96 anni ha ancora voglia di scrivere racconti.


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
È difficile rispondere e scegliere tra le varie aziende e bottiglie straordinarie. Però posso confermarti che il nebbiolo ha, in assoluto, un altissimo livello di gradimento. C’è qualcosa di affascinante e misterioso in questo vitigno che pervade tutti i miei vasi sanguigni anche quelli più periferici e ci riesce in Langa come in Valtellina, a Carema come a Boca o in Valle d’Aosta. I migliori riescono davvero a farmi sentire in uno stato di grazia, in perfetta sintonia con le mie emozioni più profonde.    


“Sono interessato al futuro perché vi passerò il resto della mia vita.” (Charles Franklin Kettering) 
Dove pensi di passare il resto della tua vita? 
Al momento, per ragioni familiari, non progetto grandi cambiamenti. Mi piacerebbe, tuttavia, una vita più itinerante, mi sento più cittadino del mondo che bisognoso di mettere radici. Anche se, ammetto, amo molto tornare nei luoghi che mi hanno emozionato. 


Non tutti sanno che … 
Che il silenzio è un bene prezioso e sempre più raro. E' il respiro dell’universo, lo abbiamo cancellato dalla nostra vita, non possiamo più ascoltarlo, nemmeno chiusi in casa con tutti i dispositivi e la domotica che ci circonda. Eppure senza di esso la musica non esisterebbe. La musica è il vino che riempie il calice del silenzio. (Fripp)  Mi piace ricordarlo.  









Wine Writers: Angelo Peretti, lo strategist del vino identitario



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 

Angelo Peretti è un giornalista pubblicista, collabora dal 1979 con numerose testate. È direttore responsabile di InternetGourmet.it. Ha pubblicato vari libri dedicati all’ambito gastronomico e vinicolo e ha collaborato con alcune delle più note guide italiane dei settori del vino, della ristorazione, dell’olio extravergine di oliva. Ha inoltre elaborato progetti di posizionamento strategico per alcuni consorzi di tutela. 


“Il tuo lavoro occuperà gran parte della tua vita, e l’unico modo per essere davvero soddisfatto è fare un lavoro che consideri fantastico. E l’unico modo per fare un lavoro fantastico è amare quello che fai.” (Steve Jobs) 
Come è approdato in questo fantastico mondo del vino? Qual è stata o qual è la sfida più difficile del suo lavoro e perché dovremmo scegliere di leggere il suo Internet-Gourmet. 
Nel 1986, Giorgio Gioco, il cuoco e proprietario del ristorante 12 Apostoli di Verona, tra i primi in Italia a ricevere la stella Michelin, mi chiamò a far parte del gruppo di lavoro di un libretto sui pesci e sulla cucina di pesce del lago di Garda. Avevo ventisette anni e scrivevo di cronaca e di tradizioni locali per il quotidiano veronese L’Arena. Ci rendemmo conto che il libro aveva bisogno di un capitoletto sui vini gardesani. Gioco affidò l’incarico a me. Fu il mio primo testo sul vino, non ho più smesso di scriverne. Negli anni Novanta fondai la condotta gardesana di Slow Food e nel 2001 incominciai a collaborare con la guida dei Vini d’Italia, che era edita insieme con il Gambero Rosso. Eravamo nel pieno dell’ondata di parkerizzazione del vino italiano: andavano affermandosi i vinoni concentrati, alcolici e tannici. Per un po’ ne fui affascinato anch’io ma me ne disamorai molto presto. Nel 2003, dopo aver detto in un convegno che non avrei mai aperto un blog, ne fondai uno. Si chiamava I Ghiottoni, che era il nome di una micro casa editrice messa in piedi con due amici cuochi, Isidoro Consolini e Flavio Tagliaferro. Pubblicavamo libri sulla storia della cucina gardesana, ma sul blog scrissi sempre più di vino. Poi Flavio si trasferì in America e chiudemmo I Ghiottoni. Io volli dare vita a una testata giornalistica indipendente che ne replicasse il logo: la I divenne Internet e la G diventò Gourmet. InternetGourmet nacque così, nel 2006. Tre anni dopo, nel 2009, pubblicai il mio “Elogio del vinino – ovvero – Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere”. Eravamo ancora nell’epoca dei vini “grossi”, invece io teorizzavo un vino territoriale fatto per essere bevuto, magari semplice, però mai banale, e comunque sempre fortemente identitario. Se ne discusse molto. Restai minoritario, ma continuai per la mia strada, che ora è condivisa da molti. Lo spirito d’indipendenza di allora e l’idea di supremazia della piacevolezza continuano a contraddistinguere InternetGourmet. Credo che il contenuto maggiore della mia sfida personale sia la coerenza: scegliere una via e percorrerla con determinazione, sapendo che ha un costo e che posso apparire antipatico. Chi mi legge, e grazie al cielo sono moltissimi, anche all’estero, credo che mi apprezzi per questo.


“I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.” (Flaiano) 
Quali sono i suoi giorni indimenticabili? 
Nel mio percorso di conoscenza del vino, ci sono due momenti che restano indelebili, perché hanno rappresentato altrettante svolte fondamentali. Sono legati a due vini. Più di venti anni fa, invitai a guidare una degustazione di vini bianchi Gianni Fabrizio, che collaborava con Vini d’Italia. Portò lui i vini. Uno mi lasciò del tutto indifferente. Lo dissi, e Gianni mi invitò a rifletterci. Il giorno dopo, rassettando la stanza, mi accorsi che ne era rimasto un dito in una bottiglia. Me ne versai e mi si aprì un mondo. Il vino era diventato elegantissimo e complesso: aveva solo bisogno di aspettarlo. Quel vino era una Coulée de Serrant di fine anni Ottanta. Poco dopo ebbi occasione di bere il Saint-Émilion ‘62 di Château Fonplégade. Lo trovai giovane ed elegantissimo. Fu il vino che mi fece comprendere che la finezza non si cura del tempo che passa, e certamente non si basa sulla muscolarità. Entrambi i vini mi insegnarono, inoltre, il ruolo vitale del terroir. L’attesa paziente, la primazia della finezza e l’espressione dell’identità territoriale sono divenute le mie chiavi di lettura del vino.


“Il giornalista deve avere sempre e comunque una religione del dubbio.” (Ferruccio De Bortoli) 
Alcuni affermano che il giornalismo del vino non esiste in quanto sorretto economicamente dai produttori stessi. Altri sostengono che siano i contenuti a fare la differenza. Alla luce di un comparto così rilevante per l'economia nazionale lei che ne pensa? 
Il giornalismo non ha bisogno di alcun complemento di specificazione. Esiste il giornalismo “e basta”, non esiste il giornalismo “di qualcosa”. Semmai vi sono colleghi che si occupano di giornalismo investigativo, altri che scrivono di cronaca, altri ancora che trattano temi di costume, e vi è anche chi fa l’editorialista. Io credo di essere soprattutto un editorialista, perché tento di offrire una lettura dei fatti del vino in chiave umanistica ed economica, e dunque coerente con il mio percorso culturale e professionale. Il presupposto comune al giornalismo è che ci si rivolga al lettore con una promessa di integrità, un patto che va onorato. Mi si potrebbe domandare dove si collochino coloro che recensiscono i vini, ossia la gran parte di chi ne scrive. Si collocano, appunto, tra i recensori, che svolgono un ruolo di compilazione utile a informare il consumatore. Ma si tratta di un ruolo diverso rispetto a quello del critico, il quale analizza l’opera dell’ingegno secondo un bagaglio complesso di conoscenze specialistiche e anche, talora, secondo la corrispondenza o meno alla linea editoriale che connota la testata, la quale può essere improntata alla totale libertà interpretativa o ad una visione in qualche modo ideologica. Infatti, esiste anche l’ideologia del vino. Ad esempio, la parkerizzazione del vino fu un processo ideologico, e lo stesso si può affermare dell’ascesa del vino naturale. Io non ho nulla contro le interpretazioni ideologiche: mi basta che siano enunciate come tali, il che mi consente di interpretarle in quella chiave specifica, che posso condividere o meno.


“Dopo aver letto un elenco dei possibili danni che l'alcool può recare alla salute, ho smesso di leggere.” (Henny Youngman) 
L’OMS ha esortato a ridurre i consumi di vino 10% entro il 2025 paragonandolo alla tossicità delle sigarette. Cosa pensa di questa comparazione e degli effetti sui mercati? 
Mi occupo di vino perché il vino è uno dei più straordinari testimoni della cultura materiale di un popolo. Sotto questo punto di vista, sarò sempre uno strenuo difensore del vino. Però il vino contiene l’alcol, e l’alcol è responsabile diretto o indiretto di alcune serissime problematicità di natura sanitaria e sociale. Dunque, non dirò mai che il vino fa bene. La stretta che si sta profilando sui consumi di alcol avrà impatto anche sui consumi di vino, che caleranno, così come caleranno i finanziamenti pubblici alla sua promozione. Da tempo scrivo che si produce troppo vino e che vanno assunte politiche di riduzione della produzione viticola. Inoltre, ho già proposto al mondo associativo del vino di muoversi in una prospettiva di carattere compensativo: va quantificato il danno sociale potenzialmente indotto dal vino e vanno parallelamente assunte dal settore delle misure concrete che consentano di documentare la generazione di un beneficio sociale di valore pari o superiore a quello dei danni arrecati. Io sono convinto che sia possibile, ma si tratta di assumere un processo culturale piuttosto impegnativo.


“Una nazione che non può controllare le sue fonti di energia non può controllare il suo futuro.” (Obama) 
Crisi energetica, guerre, aumento del costo delle materie prime e inoltre mancanza di vetro per le bottiglie. Qual è l’impatto sul settore vitivinicolo e cosa inquieta di più? 
Non mi inquietano mai le contingenze esterne. Mi inqueta la carenza di visione strategica. Io credo che oggi il mondo del vino necessiti una nuova visione strategica, ma non vedo affiorarne le avvisaglie. La mia impressione è che ci si barrichi a difesa dello statu quo, quando lo statu quo non può esistere.


“Una bottiglia di vino implica la condivisione, non ho mai incontrato un amante del vino che fosse egoista.” (Clifton Fadiman) 
Dal vino come alimento al vino come convivialità e condivisione. E’ cambiato il consumo del vino nelle nuove generazioni? 
Credo che parlare di vino e di giovani sia una contraddizione nei termini. I giovani sono destinati a diventare adulti, e lo fanno in fretta. Se io oggi intraprendo una campagna di comunicazione del vino rivolta ai giovani, quando la mia campagna sarà conclusa i destinatari apparterranno già ad un altro segmento sociodemografico, e io avrò buttato impegno, tempo e denaro. Il vino è vino e l’umanità è umanità, solo la sottolineatura della componente umanistica del vino può salvare il vino. La convivialità e la condivisione appartengono a tale dimensione. Ce lo dimentichiamo spesso, cercando scorciatoie comunicazionali che hanno il fiato corto.


“Vuoi scendere in cantina da me a vedere dove tengo a stagionare le delusioni?” (Maurizio Manco)
Ha qualche delusione sotto chiave e chiusa in cantina? 
Da una decina di anni ho deciso di leggere la vita secondo la dimensione della positività. Mi impegno a trasformare le debolezze in opportunità e i rischi in punti di forza. Sotto questa prospettiva, anche una delusione è uno stimolo al miglioramento. Dunque, non tengo a stagionare alcuna delusione.


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la sua filosofia di vita? 
Quella che berrò domani, e poi quella del giorno successivo, e ancora e ancora, finché potrò bere vini che possiedano un’identità. Sono curioso della vita, e il vino è una metafora dell’esistenza.


“La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l’eccezione.” (Buddha) 
Garbo e gentilezza sono uno stile di vita che lei ha condiviso da sempre. Che ne pensa del giornalismo urlato (gridato), volgare e sfrontato? Per scrivere un articolo oggi bisogna realmente essere irriverenti o l’educazione, la cultura, la formazione bastano? 
Ritengo che si possano dire verità molto scomode anche quando si esprimono con un sussurro, e penso anzi che il sussurro possa lasciare un segno molto profondo, perché costringe all’attenzione. Invece la parola urlata è destinata a essere presto travolta da un grido più acuto. Faccio giornalismo, non sono interessato allo show.


“Un vincitore è un sognatore che non si è arreso”. (Nelson Mandela) 
Non arrendersi mai è un must della vita che ci permette di raggiungere i nostri obbiettivi. I suoi sogni si sono realizzati? 
Il mio sogno è quello di poter continuare a sognare, e questo sogno sinora l’ho realizzato. Sono uno strategist, un professionista che per attitudine e mestiere cerca di leggere il futuro come se fosse già qui che si realizza. Prima o poi mi acquieterò.


“Il mio progetto preferito? Il prossimo”. (Frank Lloyd Wright) 
Il suo prossimo progetto? 
Narrare il vino sotto una prospettiva diversa, per certi versi più azzardata, in una dimensione ancora più libera. Ci sto lavorando. È un libro di cui ho già scritto, in cinque anni, in una ventina di stesure, nessuna pubblicata, perché le prime diciannove non erano abbastanza convincenti. Chissà se la ventesima è quella buona.


Non tutti sanno che … 
Torno all’inizio, a quando mi chiamò Giorgio Gioco. Non tutti sanno che mi occupavo di storia della gastronomia, soprattutto dell’età medievale e rinascimentale. Quando mi chiamavano a tenere delle conferenze, si aspettavano una persona più anziana, certamente non un ventenne. Inoltre, non tutti sanno poi che ho lavorato nel mondo bancario e finanziario. Ho scritto le relazioni di bilancio di banche importanti. La mia lettura del vino come fatto economico deriva da lì. Però sono sempre stato attento a tenere rigorosamente separate le mie diverse occupazioni, perché nessuna condizionasse le altre. Oggi ho un’età che mi permette di svelarlo.










Wine Writers: Mario Crosta e il suo manifesto del vino


Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 

Mario Crosta annovera tra le sue esperienze: la rivista specializzata polacca Rynki Alkoholowe, alcuni portali come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl. Inoltre enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, lavinium.it, ditestaedigola.com e altri magazine di settore. 



“La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi” scriveva Hermann Hesse 
Ci racconti chi è Mario Crosta? Cosa ti piace di te e cosa cambieresti. 
Sono l’erede di industriosi imprenditori meccanici. Mio nonno, di cui porto il nome e il cognome, mi mandava d’estate in fabbrica a lavorare per imparare a fare l’operaio, il disegnatore, il tecnico meccanico perché un bel giorno mi succedesse lo stabilimento di famiglia. Dal mondo imprenditoriale a quello comunista il passo è stato breve. A soli 17 anni ero impegnato attivamente negli scioperi a scuola, nei picchetti all’alba nelle fabbriche, nei comitati operai-studenti e nella rivoluzione socialista. Nel corso degli anni poi ho girato il mondo in diverse fabbriche e cantieri, dalla gavetta fino all’assicurazione e al controllo di qualità e infine alla direzione tecnica in campo. Adesso che ho 70 anni e sono in pensione pago con una serie di acciacchi l’entusiasmo che ci ho messo in una vita vissuta intensamente, ma rifarei tutto alla stessa maniera. Non cambierei nulla. Forse soltanto un po’ il caratteraccio che ho, ma dicono che sono un fico d’India, spinosissimo fuori e tutto zucchero dentro, quindi lo lascio com’è. 

“Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari ed altri costruiscono dei mulini a vento” cita un proverbio cinese. 
Hai cambiato pelle più volte nella vita, ma sei riuscito a realizzare i tuoi sogni (di bambino)? 
Da bambino e anche adesso faccio tanti di sogni e tutti fantastici. Non ho mai avuto un particolare sogno da realizzare. La mia vita è accaduta così, senza sognare. Ma ogni cambiamento è stata una chance.

“Vinum Vita Est” - Nel vino è la vita sosteneva Petronio Arbitro 
Il vino è la tua vita o un modo per uscire dalla tua vita? 
Viaggiare, bere, scrivere di vino è sicuramente la mia vita. Vi racconto un episodio curioso. Nel lontano 1994 un’influenza senza febbre (con cui ho lavorato senza limiti né soste e assumendo troppe aspirine) procurò una cardiomiopatia dilatativa, motivo per cui mi iscrissero al registro dei trapianti urgenti di cuore anche se, allora, la mia coronarografia stupì medici e professori per la stato di integrità delle mie coronarie (grazie al buon vino mi disse il professore). Alla fine, dopo mesi di attesa per il trapianto, in cui ho continuato a bere poco ma bene, i medici avevano davanti ai loro occhi quello che chiamano il paradosso francese: bere poco e bene fortifica e così, al dunque, ho evitato quella complicata operazione. 

“I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti” diceva Salvador Dalí 
Tu quali segreti hai da svelarci oggi? 
I miei segreti li racconto tutti nei miei articoli, descrivendo i luoghi, le persone, le cantine, le tenute, i vini e raccontando esattamente quello che vedo, che sento, che faccio. C’è chi lo fa per giudicare i vini o i produttori e questo mi fa infuriare. Io rispetto l’impegno di tutti i viticoltori che ogni giorno faticano in vigna e soffrono di preoccupazioni per le malattie delle piante, la siccità dei terreni, i debiti da pagare anche nelle annate avverse per poter assicurare di mettere in commercio la loro produzione. Non sottovaluto mai il lavoro del contadino, del vignaiolo, del bracciante, del trattorista, del cantiniere, di tutti quelli che quando gli altri sono in ferie o in festa, saltano le domeniche e vanno a lavorare anche quando sono malati, con pioggia e vento. E c’è chi si permette di giudicare il lavoro di queste famiglie che è il frutto di grandi sacrifici. 

Dire pane al pane e vino al vino” cita un famoso proverbio. 
Quanta verità c’è in quello che scrive Mario? 
Tutta quella di cui sono capace. Faccio molte ricerche, per esempio, per verificare se quello che mi raccontano o che mi fanno leggere corrisponde al vero e non è invece una invenzione del marketing o dei manager delle comunicazioni (per chi se li può permettere) Talvolta scopro delle mezze verità o addirittura delle infondatezze così gravi da interrompere i rapporti di comunicazione con i produttori stessi. La vera verità? C’è dell’omertà nel mondo mediatico del vino in cambio di privilegi, di bottiglie nel bagagliaio, di pranzi, di cene, di alloggi stellati e qualche volta anche di bustarelle. 

"Bevo per rendere gli altri interessanti" dichiarava il critico G.J. Nathan 
Siamo dunque circondati dalla noia? 
Nel mondo del vino: no. Ma quale noia? Soltanto in Italia, secondo il censimento agricolo dell’Istat del 2020, ci sono 255.000 aziende del vino (erano 791.000 nel 2000). Le cosiddette guide specializzate nell’assegnare riconoscimenti ogni anno ne elencano soltanto poche centinaia ma ce ne sono migliaia che non vengono citate. Non c’è da annoiarsi. Ogni azienda è un piccolo universo, un laboratorio di idee, di sperimentazioni, di successi e insuccessi al punto tale che chi le visita e cammina le vigne insieme con chi cura le piante di vite e fa il vino non si annoia affatto. Certo è che se si frequentano soltanto i salotti delle aziende più grandi, più note, più osannate e più sotto le luci della ribalta ci si merita la noia di quel piccolo mondo ristretto a pochi elementi che sono sempre gli stessi (per un buon 90%) che se la suonano e se la cantano fra loro. 

“Io scrivo bene di te e tu scrivi bene di me”. Non ci crederete, ma nelle recensioni alla fine funziona così” afferma F. Caramagna 
Pensi che per quel che riguarda il mondo del vino ci sia perbenismo e falsità?
A mio parere ci sono due mondi del vino. Nel mio mondo del vino c’è la stragrande maggioranza di produttori. Nell’altro c’è quella piccola percentuale dei podiati, trebicchierati, pentastellati di cui parla e scrive una ristretta cerchia di giornalisti, pubblicisti e blogger e in questo mondo degli intoccabili non so se c’è perbenismo e falsità. L’omertà sì. Perciò dopo un primo entusiasmo a partire dal 1980 fino al MiWine di Milano del 2004 non l’ho più voluto frequentare. Proprio al MiWine l’amico Angelo Gaja mi fece entrare, con il mio collega di Collegium Vini di Cracovia, alla presentazione dei vini dei dieci maggiori brand italiani (mentre una folla di giornalisti restava fuori nonostante gli accrediti), ma quando ho visto le telecamere della RAI intervistare personaggi che ne approfittavano per pavoneggiare la propria presenza all’evento me ne sono andato prima della fine della serata lasciando il posto vuoto in seconda fila. È stato l’ultimo evento a cui ho partecipato e negli anni a venire ho sempre delegato altri. Invece nel mio mondo del vino, quello che ritengo il più vero, ci sguazzo come un pesce nel mare. È entusiasmante, sperimentale, nuovo e posso assicurare che sono rari i produttori falsi e in genere sono proprio quelli che sgomitano per accedere al più presto nell’altro mondo. 

“Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico” sosteneva Molière 
Mario è un uomo fortunato? 
Sì, sono molto fortunato. Ho amici, libri e vino. 
Vino: ne ho e ne ho avuto. Ricordo che avevo sei bottiglie di Sassicaia del 1978. Uno dei più famosi enotecari d’Italia a Milano mi offrì una fortuna per comprarle, poiché il marchese Incisa della Rocchetta e Piero Antinori non ne assegnavano più di 6 per ciascun indirizzo commerciale. Allora erano 2 mesi del mio stipendio da operaio. Non le ho mai vendute e le ho bevute una per volta nel corso di 25 anni. Amici: un buon amico ce l’hanno tutti e si chiama angelo custode. Non si vede, ma c’è. Ne avverto la presenza, quindi sono fortunato. Libri: ho un buon libro, una lettura diversa al giorno per ogni giorno dell’anno. E’ reperibile ovunque anche sul web. È il Vangelo che si usa per le sante Messe quotidiane, un compendio dei quattro vangeli più antichi, trasmessi per via orale per una settantina d’anni, poi trascritti in greco dai quattro apostoli. Ne sono stati scritti anche altri, diffusi nei primi secoli di vita della comunità cristiana, ma sono andati persi o sono stati secretati negli archivi segreti del Vaticano.

“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo” dichiarava il chimico Louis Pasteur 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
La bottiglia di Spanna dei Cinque Castelli del 1947 di Antonio Vallana & Figlio (Bernardo) che ho trovato a 16 anni liberando dal fango la cucina dell’appartamento di una simpatica vecchietta dopo l’alluvione di Vallemosso nel 1968. L’abbiamo pulita e stappata la sera in quattro con un po’ di formaggio e di salame e abbiamo cantato per tutta la notte. 

“L’età è solo un numero. È del tutto irrilevante a meno che, naturalmente, non vi capiti di essere una bottiglia di vino” recitava Joan Collins 
Il tempo scorre inesorabile. Cosa vedi nel tuo futuro? 
La Sardegna. Mi ha fatto da madre nel periodo più duro della mia vita, quando cercavo una ragione per vivere e me l’ha offerta a braccia aperte. Ricordo che un amico un giorno mi disse “Se mi dici un motivo per cui la tua vita è finita io te ne trovo diecimila per dirti che invece è appena cominciata”.

Non tutti sanno che…
Che sono già nonno!


                                          








Colline Teramane, viaggio alla scoperta dell'Abruzzo contemporaneo



La collina è coperta di vigne
e tutto ha un tempo giusto per maturare.
I passi sopra le zolle attraversano felici
l’autunno. (F. C.)


Slow Wine Travel 

Viaggiando verso nord, poche centinaia di chilometri separano la mia Puglia da una delle regioni italiane più vocate alla coltivazione della vite. Territorio unico, ricco di parchi e riserve naturali, borghi incantevoli, paesaggi mozzafiato e meta per ogni tipo di vacanze in ogni stagione dell’anno. Monti, valli, laghi, fiumi, colline e mare blu. Questa meraviglia nazionale (e non esagero credetemi) è l’Abruzzo. Terra di storie, tradizioni, identità e culture dove quella più singolare è dedicata al lavoro in vigna e alla coltivazione di eccellenze enogastronomiche. 
Vino, olio, zafferano, grano, aglio, formaggi, confetti, vin cotto solo alcune delle note produzioni regionali. 
Tra il montano Gran Sasso (forti escursioni termiche giorno notte) e il mediterraneo mare Adriatico (venti e iodio) si disegnano ordinate le colline abruzzesi: microclima ideale per la produzione di uve di alta qualità. L’attitudine alla vigna risale all’età del ferro, in seguito gli etruschi maritavano la vite agli alberi e i romani trovarono in questi luoghi il gran cru per il loro vino Petrunian. Oggi l’uva non è più sovraprodotta (per i tagli) e ci sono angoli di Abruzzo che richiedono attenzione per il riconoscimento più forte di un vino sempre più identitario che parla di territorio e di chi lo abita, che ha saputo costruire nei secoli tradizioni e culture uniche. 





Scrivo Abruzzo dico Montepulciano 

Oltre l’80% dei vini a denominazione prodotti in Abruzzo è da uve Montepulciano. Il legame con la regione è così indiscusso da perdersi nel tempo. Dalle zone montuose più interne, passando per le colline e arrivando al mare, disegna il paesaggio della campagna abruzzese in vigneti curati e ordinati. Il Montepulciano di Abruzzo assume carattere e personalità diverse a seconda delle zone di produzione ma sempre unite da un comune denominatore: piacevolezza, struttura, vigorosità, calore e sempre più spesso eleganza. Non teme il confronto con altri vitigni più nobili assumendo una propria identità territoriale nelle Colline Teramane dove trova un microclima adatto fregiandosi con merito della denominazione: Montepulciano d’Abruzzo Docg Colline Teramane
Il territorio delle hills con le sue quattro vallate (Vibrata- Salinello- Tordino- Vomano) si trova a nord della regione. I suoi confini geografici sono le Marche, il Gran Sasso, i Monti della Laga e il mare Adriatico. Le colline corrono a mano a mano verso il mare foggiando un paesaggio da fiaba e creando il microclima ideale per l’allevamento del Montepulciano: l’anima rossa della regione. 
Quelle più interne hanno per lo più suoli calcareo- argillosi e quelle verso il mare sabbiosi -argillosi, il sistema di allevamento tradizionale è la pergola abruzzese e il suolo, le brezze marine e montane, le escursioni termiche regalano al vino prodotto piacevolezza, eleganza, aromaticità e struttura. 

 




 Le denominazioni dell’Abruzzo Docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, Terre Tollesi o Tullum Doc: Abruzzo, Cerasuolo d’Abruzzo, Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, Controguerra, Ortona, Villamagna, Montepulciano d’Abruzzo sottozone: Alto Tirino, Casauria, Teate, Terre dei Peligni, Terre dei Vestini 





 L'Abruzzo contemporaneo e l'azienda Cerulli-Spinozzi 

La cantina che ci ospita nasce nel 2003 per volontà dei fratelli Vincenzo e Francesco Cerulli Irelli. La tenuta invece è stata realizzata i primi del ‘900 con l’unione dei fondi agricoli della famiglia Cerulli e quella degli Spinozzi. Oggi la guida Enrico, figlio di Vincenzo e attuale presidente del Consorzio “Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane”. La vera ricetta per il suo successo è la semplicità, i gesti fatti a memoria, che si perdono nei secoli, tramandati dai padri dei padri, l’amore per la tenuta storica e i valori saldi della tradizione ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Essere il Presidente del Consorzio per Enrico implica lavoro, impegno e responsabilità ma ha anche il vantaggio di proporre idee nuove, di essere portavoce di un patrimonio unico e di suggerire strategie per la valorizzazione ancora più mirata per un super territorio come quello delle Colline Teramane. 

 “Ed è per questo motivo che non si può prescindere dal Consorzio che è uno strumento di tutela decisivo per il potenziamento, il miglioramento e la divulgazione del vino prodotto in questa singolare parte della regione delle aziende associate. Il nostro Consorzio è pieno di vitalità ed energia già da 20 anni. Molti sono i progetti già in corso tra cui l’anteprima colline teramane, promozione turistica del territorio e altre interessanti iniziative. Ciò che distingue il nostro consorzio è l’attitudine a lavorare insieme e il senso di comunità che abbiamo costruito negli anni. Questa legame identitario così forte, anche per ragioni storiche del territorio, è un valore unico da preservare anche per le generazioni future. Non mancano le nuove idee e proposte anche a livello regionale, come la valutazione della creazione di un Abruzzo intero tutelato da un unico: “Consorzio Vini d’Abruzzo” che racchiuda al suo interno tutte le denominazioni abruzzesi, così da creare un organismo ancora più forte e decisionale che superi problemi tecnici e burocratici che riguardano la promozione del vino stesso (come l’accesso ai benefici che riguardano ora solo alcuni vini tutelati)” così ci racconta Enrico nel corso della visita nella sua cantina. 

L’Abruzzo contemporaneo (tema del nostro viaggio) traduce, in eleganza finezza e aromaticità e fragranza, il Montepulciano d’Abruzzo. Un vino che negli ultimi decenni era più concentrato, meno verticale e, in alcuni casi, con una marcata presenza di legno. Sempre più identitario e riconoscibile, questo vino è figlio del suo tempo infatti anche il clima attuale permette una più accurata maturazione delle uve senza perdere il corredo aromatico di cui beneficiano per le escursioni termiche (siamo a ridosso del più alto Appennino) e la vicina influenza del mare. 

 



 Wine Tasting 

Colli Aprutini Pecorino Igt 2020 - Cortalto vol. 13.50 %
Annata calda, qualità delle uve ottima. 
Giallo paglierino pennellato di oro, fiori gialli, agrumi e accenno di frutta tropicale. Sorso dinamico, fresco e spolverato di sale. 

Colli Aprutini Pecorino Igt 2019 - Cortalto vol. 13.50 %
Si discute sulla somiglianza del Pecorino al Riesling 
Calice luminoso. All’olfatto roccia marina salmastra, cedro e frutta a polpa bianca. Sorso agrumato e sapido. La nota iodata e la morbidezza traducono in piacevolezza il finale di questa annata. 

Colli Aprutini Pecorino Igt 2018 - Cortalto vol. 13.50 %
Equilibrio didattico e andamento stagionale in piena regola 
Giallo dorato luminoso. Ampio ed esplosivo, cesto di agrumi maturi e frutta tropicale. Sorso fresco, iodato con ritorno agrumato e sapido in equilibrio perfetto. Inebriante. 

Colli Aprutini Pecorino Igt 2015 - Cortalto vol. 13.50 %
Vendemmia a settembre inoltrato e l’evoluzione 
Giallo dorato luminoso. Frutta a polpa gialla disidratata, idrocarburi leggeri, spezie. Profilo gustativo elegante. Struttura, corpo e pienezza allungano la chiusura in un finale intrigante. 


Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg 2017 - Torre Migliori - vol. 14.50 % 
Calice rubino pennellato di viola. Frutta fresca, rosa rossa delicata, vaniglia e spezie dolci. Tannino educato, morbido il ritorno di frutta rossa. Chiusura lunga ed elegante su ricordi di macchia mediterranea. 

Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg 2008 - Torre Migliori - vol. 14.00 % 
Rubino intenso e riflessi granati. Frutta rossa in confettura, fiori secchi, vaniglia spezie dolci, cioccolato. Sorso dinamico e sinuoso come le colline d’origine. Allungato e voluminoso su rimandi di frutta dolce. Avvolgente. 

Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg 2004 - Torre Migliori - vol. 13.00 %
Il calice si colora dell’autunno teramano. Gli aromi rimandano ad un terziario elegante e raffinato nonché austero. Nulla da invidiare ai blasonati vini da invecchiamento. Senza perdere l’unicità del vitigno sfoggia sfumature di goudron, cuoio, spezie. Sorso composto, tannino avvolgente. Chiude con stile raccontando il territorio. 



Le strade sinuose e dolci delle Colline Teramane svelano disegni e realtà locali di incredibile incanto e avventura, come il progetto Iuaria della cantina Villa Colle e quello di Podere Francesco con l’esclusivo frutteto. Giovani imprenditori che scelgono di investire il loro futuro nel luogo dove sono nati e che affidano alla terra d’Abruzzo la loro vita e il loro lavoro. 





Cantina Villa Colle 

La cantina, a conduzione famigliare, produce vini con il collarino della certificazione: Parco Nazionale Del Gran Sasso. Siamo a Torricella Sicura in provincia di Teramo ai piedi dell'Appennino. Il loro vino più singolare è il Iuaria da uve Magliocco allevate a 800 metri sml.
Si narra che questo vitigno fu coltivato nel 1011 dalle suore del monastero benedettino di San Giovanni a Scorzoni e serviva per le celebrazioni eucaristiche. In seguito la storia si perde in serpentine vicende ecclesiastiche ma l'enologo aziendale Mauro Scarpone decide di riportare in “gloria” questo antico vitigno abruzzese per farne un vino che racconta la storia del territorio, del recupero, della salvaguardia di un patrimonio storico che diventa, attraverso il vino, un bene di tutti. 
Lo Iuaria è un vino da tavola: rosso rubino, vinoso, profumato di rosa e frutta fresca. Gli aromi sono quelli di montagna al sorso ritorna frutta e tannino leggero. La produzione dei bianchi e rosati è sorprendentemente profumata di montagna e bosco. La freschezza non manca. Una chicca enologica di poche bottiglie tutte numerate che mette curiosità e brio. 
Altri vitigni antichi coltivati e imbottigliati sono: Montonico, Cacciuno, Santo Marino, Frappato, Malvasia Rossa, Rosciola 




Non solo vino. Podere Francesco, ispirati dalla natura 

Siamo sulle colline di Mosciano Sant’Angelo in Abruzzo. 50 ettari di frutteti e 13 di orto Il fondo, sito su un declivio che evita naturalmente i ristagni d’acqua, è favorito da un clima ideale e dall’influenza del mare. Impianto a goccia per l’irrigazione, un laboratorio di cottura sottovuoto per tutta la produzione e tanti progetti per il futuro. Bruno, Clemente, Simone e Manuel si occupano della gestione aziendale con una passione che dura da generazioni. 
La cura della pianta in ogni fase di lavorazione è fondamentale come l’attesa per la giusta maturazione per raggiungere il risultato di un prodotto esclusivo e territoriale. Rispetto della natura, stagionalità e raccolta selezionata di frutta e verdura di alta qualità è il loro must. 
I prodotti del podere vanno dalla passata di pomodoro (3 varietà) alla frutta e verdura fresche, ai succhi, confetture e conserve (giardiniera). Non mancano ricerca, analisi e collaborazioni con bartender e chef stellati per preparazioni come l’acqua di pomodoro, aceto di mele o l’uso delle susine locali al posto dell’esotico lime nei cocktail. 


 Il racconto delle colline prosegue verso Torano Nuovo e Giulianova

 Azienda Vitivinicola Strappelli 

Siamo a Torano Nuovo: Capitale del Montepulciano d'Abruzzo 
Guido Strappelli lavora qui, in località Villa Torri di Torano Nuovo (Teramo) nei suoi 12 ettari di campo (medio impasto- breccia) allevati a Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino, Passerina e Malvasia nostrana. Tracciamento della filiera, salvaguardia ambientale, sostenibilità, alta qualità di produzione sono i requisiti indispensabili di questa azienda del vino. 
Le sue linee sono : Strappelli, Torre Trà, Spumanti 





Faraone vini, ogni viaggio ti riporta sempre a casa 

L’azienda produce uva e dagli anni 30 e imbottiglia dal 1970. I viaggi e gli spostamenti in giro per il mondo e ritorno a casa sono stati una costante di questa famiglia del vino. Oggi l’azienda è condotta dai due fratelli Faraone, Federico (stabilmente in Abruzzo) e Alfonso. In sette ettari di vigna, in località Giulianova, sono allevati il Montepulciano, Passerina, Pecorino, Falanghina e Sangiovese. 
Immancabile la produzione di olio extravergine di oliva (Olio Dop Pretuziano delle Colline teramane) da cultivar di Leccino, Dritta, Maurino, Pendolino, Tortiglione 

 



Il viaggio tra le colline di Teramo mi rimanda all’armonia sonora di Ludovico Einaudi nel suo brano Divenire. Le sue note sinuose e morbide sono come le strade teramane e divenire per questo angolo di mondo significa reinventarsi e trasformarsi in un moto senza fine che apre la mente degli uomini che le abitano a nuove strategie e soluzioni per arricchire e migliorare un territorio unico e autentico.





La mia vita è un Beaujolais

 



di Daniel Barbagallo 

Tre notti di sonno discreto mi avevano regalato l’illusione di una sorta di guarigione.

Io e il sonno siamo agli antipodi, facendo i conti della serva, per quasi metà della mia vita sono riuscito a dormire due o tre ore per notte non di più, il resto del tempo lo passo sospeso in quello spazio dove ci potrebbe stare l’ultimo bicchiere della staffa o il primo caffè della giornata, quel luogo abitato da pensieri disordinati e immagini che arrivano senza motivo e preoccupazioni spesso ingiustificate.

Dopo una cena leggera sono rientrato presto. Barolo con le due capriole e mezzo (suo codice) ha gradito un giretto serale extra ed io l’ho accontentato.  Al ritorno ad un’ora lontano dal telefono ed in compagnia di un libro cerco di dormire e crollo.  

Come suddetto, passata mezz’ora puntuale mi sveglio sempre tormentato dai miei pensieri inutili tipo: che fine ha fatto quel contenitore in cui mia mamma travasava il sapone per i piatti?

Non dormo, ormai sono le due del mattino, il cane ronfa, mio figlio è tornato da un po’, in cucina pare abbiano preparato il pasto per duecento alpini, mi accingo a riordinare quando per una frazione di secondo mi cade l’occhio su : Moulin à Vent 2018 - Metras 

Il click nella testa è scattato, decido di aprire la bottiglia e di farmi un calice, dopo tutto è vacanza.

Il Beaujolais è un vino nel quale mi immedesimo molto. L’atmosfera che crea mi ricorda quelle serate in cui incontri gente simpatica e interessante e ci diventi subito amico. 

Il lampone copre tutto come a voler oscurare il resto, ma io non ho fretta e neppure sonno, via via arriva la parte vegetale di corteccia, tamarindo ed una nota di pellame. Il sorso è così delicato che mi convinco sia una sorta di tisana del buon riposo che anche il mio medico approverebbe.

Mi piace Metras, a molti non piace, a me sì.

Mi piace perché sento in questo vino un disordine naturale e scomposto dove ogni elemento va per i fatti suoi. In degustazione a punteggio verrebbe penalizzato, molti troverebbero difetti e altri lo boccerebbero in tronco. 

Ma alla fine tutto torna, semplicemente, perché è il beaujolais è un pò come me.

Sono andato a letto con il lampone dolce in bocca, ho dormito poco ma bene.

Per questa vita non posso più farci niente, nella prossima magari sceglierò un altro vino, magari più nobile, che mi possa somigliare.

 

Yvon Metras - Moulin à Vent 2018
vol. 12,5 %





Vino, abbinamenti e sentimenti

 


 
di Daniel Barbagallo


Sono da sempre restio agli abbinamenti cibo-vino, non so che farci mi annoiano mortalmente, anche perché ho più voglia di bere che di mangiare e quando bevo, le preparazioni complesse mi impediscono di concentrare l’attenzione sul vino.
Mi piace stappare grandi bottiglie ed accompagnarle a grissini, a volte ad affettati ma per me l’abbinamento fondamentale è con le persone e con le occasioni, in pratica mi sento una sorta di sommelier degli stati d’animo. 
Ogni momento ha per me un vino perfetto che accompagna e lo esalta fino a renderlo speciale. 

Lo Champagne ad esempio è il vino giusto per un appuntamento. Va giù che è un piacere mette allegria e prepara il terreno per un piacevole dopocena. Ebbene sì signori, lo champagne è il vino perfetto per fare l’amore o per quelle serate in cui io non ho voglia di pensare a niente, perché lo bevo anche ghiacciato con buona pace dei puristi (e hanno ragione) che consigliano le alte temperature per esaltarne le peculiarità. 

Il Nebbiolo con il suo carattere caldo, forte ed avvolgente è il vino che più di tutti mi ricorda l’amicizia, tanto è vero che il mio cane, un amico esclusivo, l’ho chiamato Barolo. Per le sere in compagnia stappo un vino di langa perché sa esaltare il tempo trascorso insieme ad un amico come nessun altro. Il nebbiolo è per me un fedele compagno di vita. 

Il Bourgogne è il vino per eccellenza per conoscere qualcuno, di tutti i vitigni il Pinot Noir è quello che mi rappresenta di più. Il calice mi regala un senso di libertà rendendo tutto più facile sia l’ascolto che il racconto e le sue infinite sfumature sono un biglietto perfetto per le persone che si stanno conoscendo così come le sue infinite evoluzioni che offrono spunti, paragoni e (perché no) sogni. 

Il Lambrusco che è e rimarrà sempre il mio vino del cuore è quello assoluto per fare festa, ideale per un pomeriggio in fuga da tutto o per una cena con gli amici condita da risate a crepapelle. È un vino che non manca mai, mi ricorda chi sono e che le cose semplici sono le più belle e le più difficili da fare. Le sue bollicine e i suoi profumi mi danno leggerezza e buon umore. Non potrei mai vivere senza questo vino. “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” diceva un tale Calvino 

Il Bordeaux è il vino perfetto per pensare il futuro e per analizzare il presente, il suo lento incedere e le pause di cui necessita il accompagnano perfettamente i progetti che mai realizzerò e mentre aspetto che si evolva nel bicchiere mi perdo in mille ragionamenti e scambi di idee. Le cose davvero belle non hanno bisogno di fretta. E’ un vino perfetto per trasformare una sera in notte. 

Il Sangiovese è il vino che culla le mie malinconie e con cui mi piace inseguire sia i ricordi che le persone e i momenti che non verranno più ma che meritano ogni tanto di riaffiorare alla memoria. Un vino commovente: le sfumature rugginose che raggiunge con la maturità mi ricordano come ero un tempo e come sono diventato (più dolce in gioventù) e ma ora più compiuto. 


Mentre scrivo questi pensieri sto bevendo un Porto vino che non bevo quasi mai ma noto che con la scrittura si abbina davvero bene.





credits: foto web 



Brunello di Montalicino Docg Riserva 1999 - Soldera





di Daniel Barbagallo 


Confusione. 
Questo è il mood del giorno, sentimenti e sensazioni opposte. Ho qualcosa per cui essere molto orgoglioso, qualcosa che mi ha fatto incazzare come non mi succedeva da tempo, qualcuno da incontrare e qualcuno da dimenticare. 
Nessuno stato d’animo riesce a sovrastare gli altri, sono in una sorta di stallo alla messicana ed ho bisogno di qualcosa di forte, anzi di fortissimo che spazzi via tutto perché sto male e bene insieme e questo non mi piace. 

Soldera non era in programma, ma ormai l’unico motivo per cui faccio ancora progetti è per poterli stravolgere. Eccolo: ruggine, arancia, macchia mediterranea, frutto rosso di marasca dolce e maturo, conceria, polvere di caffè e tabacco mi indicano la via. La punta d’alcol iniziale del naso va via via affievolendosi, la bocca è calda e vibrante con acuti pazzeschi che lasciano posto all’avvolgenza per un finale lungo di gran classe dove la grana fine del tannino gioca una parte fondamentale dando ulteriore nobiltà al vino. 
Continuare a credere che il vino migliori in eterno per me è una cazzata infinita, questo è buonissimo perfettamente in forma e con vita davanti, ma io fossi in voi non mi farei prendere da troppe seghe mentali e lo berrei con ancora il filo conduttore della dolcezza che per me è la morte sua. In ogni caso questa bottiglia mi ha mostrato la strada giusta e le belle sensazioni hanno avuto la meglio. 

E anche questa sera il bene trionferà sul male .






Vino e Innovazione Tecnologica

La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente. (A. de Saint...