Wine Writers: Pasquale Porcelli e il vino, storia di un viaggio lungo una vita




Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 


Pasquale Porcelli non ha mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non se ne pente, la strada insegna tanto. Sua madre diceva che era uno zingaro, sempre pronto a partire. E’ un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ha prestato il suo palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Editor del magazine Winesurf di Carlo Macchi che lo ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che gli permette di partire ancora. Da qualche anno direttore editoriale della Guida Prosit dell’ONAV.


“Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno nella tua vita.”(Confucio)
Scegliere il proprio lavoro è un privilegio. Avventurarsi in questo singolare mondo del vino e farne una seria professione è stata una tua scelta? Come ci sei arrivato? 
Come molti della mia generazione che si occupano di vino, tutto inizia negli 1987-88 con Arcigola, oggi Slow Food, una vera scuola non solo per quello che riguarda il vino, ma per una visione complessiva del mondo agroalimentare. Per vivere ho svolto diversi lavori, occuparmi di vino e di cibo è stato per molti anni solo un hobby, ma questo non mi ha impedito, credo, di farlo in modo serio, anzi mi ha permesso di esprimermi molto più liberamente, senza condizionamenti. Dopo quando le condizioni me lo hanno permesso ho dedicato tutto il mio tempo al vino. 


“Il nostro genio è per l’1% talento e per il 99% duro lavoro.” (Albert Einstain) 
Quanto genio e quanto duro lavoro hai riservato a questo lavoro di degustatore seriale? 
Non c’è nessun genio, almeno io non ne conosco. Conosco invece gente che ha tanta passione e che ha unito questa passione ad un continuo studio e costante ricerca. Chiunque pensi che il mondo dell’assaggio dei vini si esaurisca nella semplice degustazione ha una visione superficiale e distorta. L’assaggio è solo una parte del tutto che invece comprende in primis la conoscenza del territorio, inteso come un insieme di fattori geografici, geologici, storici ed umani. Quanto al duro lavoro ve ne sono tanti altri che merierebbero questo aggettivo, l’assaggio non è tra questi. Come spesso sento dire è meglio che lavorare in miniera. 


“Nulla è più complicato della sincerità.” (Pirandello) 
Da tanti anni sei un protagonista del mondo del vino. Sei l’unico esperto e relatore che abbia mai visto e sentito discutere sulla qualità del vino di un produttore in occasione di un incontro pubblico tra produttore-consumatori- appassionati. Quanto paga essere sinceri oggi? È solo un privilegio delle grandi firme come la tua? 
Non mi sono mai considerato un protagonista. Mi piace considerarmi un peon. I peones sono tutti gli assaggiatori che appaiono nelle guide come semplici collaboratori, ma senza di cui le guide non si realizzerebbero. Sono quelli che non occupano le prime pagine, che hanno pochi onori ma molti oneri. Sono l’ossatura di qualsiasi opera editoriale. Io sono stato per anni uno di loro e mi considero anche adesso un peon, forse con qualche anno in più di esperienza, ma sempre peon resto. Quanto alla sincerità, che tradotto nel mondo del vino vuol dire esercitare un diritto di critica, è la conseguenza di una visione che ha come referente il consumatore-lettore e non il produttore. Molte delle recensioni dei vini in circolazione in Italia, guide e top ten comprese, sono fatte più per ingraziarsi il produttore anziché rendere un servizio al lettore ed è la conseguenza dei tempi che viviamo. È un discorso complesso su cui si dibatte continuamente. Diciamo che personalmente ho perso molte occasioni per stare zitto e le ho pagate e continuo a pagarle ancora adesso e non credo di essere però il solo. 


“Abbiamo tutti bisogno di un passato: ecco da dove viene il nostro senso di identità.” (P. Lively) 
La parola dell’anno e in quelli a venire per la produzione del vino è identità. Nelle tue recensioni non è mai mancata la parte dedicata al racconto del territorio per poi passare alla degustazione tecnica. È dunque la vera scoperta del secolo? 
Non mi è mai piaciuto raccontare le aziende se non eccezionalmente, è facile scadere nella promozione, siamo in quelle zone grigie in cui è difficile tracciare un confine, meglio parlare dei loro vini, dove il giudizio è generalmente più obiettivo o per lo meno dovrebbe esserlo, se si esercita un minimo di critica. Quanto all’identità non sempre è possibile tracciarla, più facile per i vini che hanno uno storico, molto più difficile per quelli che hanno una storia più recente, dove il vitigno è spesso affidato più al brand aziendale che alla sua riconoscibilità e quindi anche alla sua identità. Questo rende spesso il concetto di identità molto elastico che ognuno plasma a suo uso e consumo. Senz’altro credo che il futuro di alcune denominazioni siano sempre più legato alla loro espressione territoriale, ma che cosa sia in alcune realtà è tutto da definire. 


"Festina lente" (Augusto)
 Lo slow jornalism si contrappone alla notizia specie dei social mordi e fuggi e sembra essere la nuova tendenza della comunicazione. Che ne pensi a riguardo? C’è più bisogno di rallentare o di continuare correre? 
Appartengo ad una generazione che non ha molta dimestichezza con i social, faccio fatica a volte a comprenderne l’essenza e invidio molto chi ha saputo adeguarsi interpretando i tempi. Quello che scrisse Umberto Eco, anni addietro, mi piacque molto: I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. Si trattava ovviamente di una voluta provocazione e generalizzazione. Oggi sarei meno drastico, ci sono molte persone, per restare nel nostro campo, serie e preparate che utilizzano questo modo di comunicazione e di informazione. Il problema, secondo me, non è il mezzo, ma chi vi scrive, della sua credibilità ed affidabilità. Verificare le fonti come sempre resta fondamentale oggi più di ieri. Rallentare o correre è un falso problema. 


“Nunc est bibendum” (Orazio) 
È veramente sempre ora di bere? Alla luce del documento dell’OMS che compara la tossicità dell’alcol alle sigarette, e con la prospettiva di ridurne drasticamente i consumi, che ne pensi di questo provvedimento e come dovrebbero agire i produttori? 
Diciamo chiaramente che l’alcool sotto qualsiasi forma è una sostanza tossica. Detto questo però farei una distinzione non mettendo sullo stesso piano il vino e i superalcolici. È ingiusto anche storicamente. Di sicuro l’abuso è dannoso, come con qualsiasi sostanza, occorre da questo punto di vista che le associazioni che si occupano di divulgazione e formazione siano più attente a questo problema, promuovendo un consumo più consapevole. È un approccio certamente meno facile, specie nei confronti dei più giovani, generazionalmente più portati a trasgredire. Certo bere meno ma bere meglio è sicuramente un primo passo. 


“Molti studiano come allungare la vita quando invece bisognerebbe allargarla.” (Luciano De Crescenzo) 
Questa citazione è una delle tue preferite. Come riempi e dunque allarghi la tua vita? 
In verità era una citazione di Peppino Colamonaco, il mio amico di Altamura scomparso qualche anno fa, che in un determinato periodo ha rappresentato l’anima più edonistica del movimento Arcigola. Era una semplice battuta che strappava sorrisi, ma sintetizzava benissimo una visione della vita che ho sempre condiviso. Larga è quando non si è stretti nelle proprie convinzioni credendole sempre e comunque giuste. Larga è quando vivi la vita ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma augurandoti che non lo sia perché tieni alla vita e ti piace viverla. 


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.”(Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
Risposta difficile. Più vini assaggi e meno certezze hai, Questo però non vuol dire che non si conservino eccellenti ricordi, ma più che di bottiglie preferisco parlare di vitigni. A costo di essere banale o scontato metterei nell’ordine: Pinot Nero, Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico. Per i bianchi ci metto tutta l’anima sudista con Fiano e Greco. Tra i ricordi più belli una degustazione di Clos de Vougeot, organizzata da Guglielmo Bellelli: memorabile! 


“Viaggiare è un atto di umiltà. Chi è convinto di sapere tutto preferisce non muoversi da casa.” (B. Severgnini)
Tua madre diceva che sei uno zingaro sempre pronto a partire. Quale sarà il tuo prossimo viaggio? 
Quando sono fuori non vedo l’ora di rientrare a casa, poi quando sono a casa da qualche giorno non vedo il momento di affrontare un altro viaggio. Lo so è contraddittorio, ma sono sempre stato così. Da piccolo mentre i miei coetanei sognavano il loro futuro immaginandosi professionisti o sportivi di successo, io desideravo fare il camionista. Poi crescendo, dopo qualche esperienza, mi sono reso conto che non era per me, ma la voglia di viaggiare, di vedere e conoscere luoghi e persone mi è rimasta. Il vino è il suo mondo è anche questo per me, luoghi, persone e realtà che altrimenti non avrei potuto conoscere e a volte frequentare. Il mio prossimo viaggio? Se per viaggio si intende qualcosa che assomigli ai viaggi di Chatwin o Kerouac, che in gioventù ho cercato di imitare, non ho più nessuna velleità. Posso invece concedermi dei viaggi da turista curioso. Ti racconto un episodio: a metà degli anni ’80 attraversando le Ande in Perù con una scassatissima Lada, ci trovammo ad un bivio, da una parte si proseguiva per l’Amazzonia, dove eravamo diretti e dall’altra in poche ore avremmo potuto raggiungere il Machu Picchu, decidemmo di proseguire. "Quello lo vedremo da pensionati" mi suona ancora nelle orecchie. Forse è arrivato quel momento. C’è un tempo per tutto. 


“La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta.” (Abraham Lincoln) 
Dove pensi di essere tra cinque anni? Hai progetti e propositi nuovi da realizzare? 
Cinque anni sono tanti per chi come me ne ha compiuto 75. I miei progetti sono per forza di cose più a breve termine. Mio suocero Antonio quando gli chiedevano: Come va? rispondeva: Ce ne veniamo campando, che come vedi è in linea con la vita larga. Questo però non vuol dire che non ho progetti, vuol solo dire che penso solo a quelli che realisticamente si possono realizzare in un lasso di tempo più breve. Mi piacerebbe che qualcuno in questi anni approfittasse di me, ma non è facile. Quindi tra cinque anni, essendo ottimisti, mi rivedo ancora qua ad assaggiare e scrivere di vino. 


Non tutti sanno che…
Oltre che di vino in passato mi sono occupato di olio, una passione a cui purtroppo non ho dato continuità, ma mi piace ancora.










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