Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana.
“L’inizio è la parte più importante del lavoro.” (Platone)
Come ha cominciato Carlo Macchi? E qual è stato il tuo esordio nel mondo del vino?
Mi ricordo, ero assieme agli ultimi dinosauri e stavano cadendo meteoriti dal cielo. In effetti non sono entrato nel mondo del vino in quell’epoca ma poco dopo. Ci sono arrivato come responsabile di una condotta dell’allora Arcigola (oggi Slow Food). Era il 1987 e forse non mi sono mai divertito così tanto in vita mia come in quegli anni. Organizzavamo le cose più folli e anche le più serie: Dalle cene con i comunisti a mangiare i bambini a manifestazioni per migliorare le mense ospedaliere e scolastiche. Al vino ci sono arrivato per forza: un responsabile Arcigola doveva conoscere assolutamente il vino, specie se vive in Chianti Classico e ha a un tiro di schioppo Montalcino, Montepulciano, San Gimignano. Mi ricordo che il primo corso che organizzai, a cui partecipai pure io, aveva come insegnanti Sandro Sangiorgi e Marco Sabellico.
“La vita o si vive o si scrive, io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola.” (Pirandello)
Hai vissuto la tua vita scrivendo o vivendola?
Oddio, spero di averla vissuta, anche perché sono anni che devo scrivere un libro serio, che non tratta di vino, e ancora non ho trovato il tempo. Non essendo poi molto bravo a scrivere avrei narrato e quindi vissuto proprio una vita di cacca. Ora che ci penso però da quattro anni ho la certezza di averla vissuta: la certezza si chiama Clara, la mia nipotina. Diventare nonno per me è stato come vincere 10 premi Nobel. Ho scoperto che tutto quello che ho fatto e non scritto ha portato a qualcosa di unico e irripetibile.
“Colui che conosce gli altri è sapiente, colui che conosce se stesso è illuminato.” ( Lao Tzu)
Pensi di conoscerti bene? Come ti descriveresti in soli tre aggettivi?
Conosco i miei difetti benissimo, quello è il mio maggior pregio. Scherzi a parte penso di conoscermi bene, infatti spesso non mi sopporto. Vabbè ora serio, giuro: Se dovessi scegliere tre aggettivi, direi onesto, sognatore, caparbio.
“L’ironia è la più alta forma di intelligenza e di difesa. Non cambia le cose ma ti insegna a riderci sopra invece di piangerti addosso.” (M.Licenza)
Sei un fan dell’ironia. Il rischio è quello di non essere preso sul serio? Ti è capitato di non essere capito?
Mia moglie per anni ha detto ai miei figli: Attenti, quello che dice babbo va interpretato, lui scherza sempre. Questo è un esempio ma potrei fartene decine. Di solito, quando sono in situazioni dove nessuno, ma proprio nessuno, mi conosce faccio la persona serissima, ma quando capisco (magari sbagliando) che c’è spazio per una battuta non perdo l’occasione. Mi pare fosse Chaplin quello che diceva chi non ride mai non è una persona seria. Mi reputo una persona seria, non seriosa. Inoltre una battuta ti aiuta sempre a toglierti da situazioni difficili, almeno spero.
Presto, portami un bicchiere di vino, in modo che io possa bagnare la mia mente e dire qualcosa di intelligente” (Aristofane)
Cosa pensi delle differenti opinioni dei tuoi colleghi sul giornalismo del vino? E qual è il tuo parere in merito alla sua inesistenza?
Per me il discorso è semplice: un giornalista si informa, controlla le fonti e poi scrive. Dall’altra parte c’è il lettore che compra il giornale per leggere quello che ha scritto il giornalista e non il responsabile della notizia, che paga perché venga pubblicata. Il giornalismo (non parlo di iscritti o meno all’ordine) non può dipendere da chi ti fornisce la notizia ma da quello che la legge e paga per farlo. Se tu, nel mondo del vino o in qualsiasi altro settore, scrivi perché sei pagato (o speri di essere pagato) da quello di cui hai scritto non sei un giornalista, non dai una notizia, non fai informazione ma pubblicità. Credo che nel nostro mondo ci siano pochi giornalisti, ma ci siano. Tanti bellissimi articoli che troviamo ogni giorno, scritti da colleghi italiani e esteri lo stanno a dimostrare. Chi dice che non esistono o è male informato o è volutamente male informato.
“Non c'è alcuna crisi energetica, solo una crisi di ignoranza.” (R. B. Fuller)
Anche il mondo del vino sta affrontando la crisi energetica, conflitti bellici e aumento delle materie prime. Cos’è che preoccupa maggiormente il settore vitivinicolo?
Le preoccupazioni sono moltissime ma quello che credo possa essere pernicioso è la perdita di interesse per il vino, dovuta sia al fattore alcol che al prezzo e alla crescita di altre bevande meno care e più trendy. Non nascondiamoci dietro un dito: nel vino c’è l’alcol, che non è certo un medicinale e prima o poi dovremo fare i conti con questa realtà. Se prendi la demonizzazione dell’alcol, aggiungi la diminuzione costante del potere d’acquisto con i prezzi del vino in crescita e mescoli il tutto con bevande strane e zuccherate a prezzi teoricamente più bassi ma promosse ovunque, ottieni un calo verticale della domanda ma soprattutto una specie di disinteresse modello volpe e uva: dove non arrivo non mi interessa.
“Non sono rari gli storici francesi per i quali la storia del mondo è un episodio della storia di Francia.” (Nicolás Gómez Dávila)
Per la produzione di vino, meno quantità - più qualità sembra un assioma superato. Oggi si dice: meno quantità - più identità. Perché arriviamo sempre dopo la Francia?
Siamo noi che li facciamo andare avanti per vedere se vanno a sbattere. Scherzi a parte, la Francia rispetto a noi mostra, verso l’estero, una maggiore unità d’intenti e riesce a presentarsi al mondo, almeno apparentemente, unita. Da noi le cose non vanno così, se non ci dividiamo non siamo felici.
Sul discorso meno quantità più identità provo a fare un discorso che covo da tempo, perché per me c’è un grosso fraintendimento. Maggiore identità vuol dire non solo promuovere un vino di territorio ma il territorio stesso. Il messaggio cambia e da assaggia il mio vino e senti quanto è buono diventa vieni nel mio territorio ad assaggiare il mio vino, oppure assaggiando il mio vino non potrai non venire nel mio territorio. Il grosso nodo che nessuno sembra vedere è che da consumatori ci stiamo lentamente trasformando in viaggiatori, che lavorano solo per andare da qualche parte a spendere quello che hanno guadagnato. Siamo consumatori solo nel senso che consumiamo il territorio di altri, a vicenda. E proprio perché non siamo a casa nostra ci sentiamo in dovere di agire, magari senza il minimo senso civico. Questo succede, per esempio in Chianti Classico e in Langa dove il riconoscimento Unesco sta creando, paradossalmente, dei problemi.
Per quanto riguarda l’unicità nel vino: io posso valutare la qualità di un vino ma non l’unicità, perché, non conoscendo ogni vigneto, ogni microclima, devo fidarmi di quello che mi dice il produttore. Il mio vino è unico magari è verissimo ma non posso avere la prova che sia anche il migliore che si può fare in quel luogo, con quelle uve. Magari a causa di un’annata caldissima ho delle uve troppo mature, che da sole danno un vino unico, ma assieme ad altre uve, magari di zone vicine, darebbero un vino migliore. Le MGA o UGA da questo punto di vista andrebbero ritarate e considerate anche come blend di uve di vari territori vocati, non di singoli cru.
“Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo, devi dargli un grande potere.” (Pittaco)
Se potessi scegliere un superpotere, quale vorresti?
Lasciando da parte la vista a raggi X per vedere le donne nude?
In realtà c’è bisogno di una risposta seria. C’ho pensato parecchio ma alla fine non ne vorrei nessuno. Se avessi un superpotere dovrei usarlo per migliorare la vita di tutti ma questo sarebbe impossibile. Per esempio, avevo pensato al potere di rendere inattiva, all’occorrenza, qualsiasi arma, dalle bombe atomiche ad un semplice bastone. Ma magari gli uomini troverebbero altre armi immateriali, come il potere del denaro, per rendere gli altri schiavi e così il mio superpotere non servirebbe a niente. In un mondo cosi complesso e dove tutto si incrocia e si rapporta, un solo superpotere non ha potere.
“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur)
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita?
Quella che berrò domani, o dopodomani, o tra un mese. Per me il vino è curiosità, scoperta, storia, tradizione, genio, fatica, sogno. Quando faranno un vino che contiene queste e altre mille cose allora avrò trovato quella bottiglia. Intanto è bello avere migliaia di bottiglie e la mia filosofia di vita che suggerisce: Apri quella!
“Non conta da dove vieni, ma dove stai andando.” (Ella Fitzgerald)
Cosa vedi nel tuo futuro? E dove andrai?
Il compianto Gianni Mura diceva di usare la palla di lardo per vedere nel futuro. Io devo essere molto più modesto e quindi posso, al massimo, usare una pallina di pane, con risultati però immaginabili. Ma visto che sono un sognatore mi piacerebbe molto che quello che abbiamo iniziato a fare da pochi mesi avesse un grande successo e segnasse una strada per tutto il giornalismo online: sto parlando dell’abbonamento annuale che serve per consultare la nostra guida vini e molti altri articoli di Winesurf. Sarebbe un sogno e anche un ritorno alle origini: il giornalista affidabile, serio, scrive senza condizionamenti e vive grazie ai lettori che pagano per avere delle buone, serie e affidabili informazioni. Dove andrò? Spero di ritrovarmi tra 15-20 anni a festeggiare i grandi traguardi raggiunti dai miei figli e soprattutto da mia nipote. A quel punto potrei scriverci anche un articolo, magari l’ultimo, ma quello che uno sogna per tutta la vita di scrivere (e qui si ritorna all’inizio).
Non tutti sanno che...
Non so se rispondo a tono ma non tutti sanno che mia moglie è molto più brava di me nell’assaggiare il vino (non è che ci voglia molto). Ha un naso finissimo e molte volte mi rivolgo a lei per avere un quadro aromatico chiaro e trarne conseguenze. Del resto è figlia di un enologo e io di un signore che vendeva macchine per cucire.
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