Pasquale Pace, il globetrotter dell’enogastronomia italiana

 



Pasquale Pace è il noto globetrotter dell’enogastronomia italiana, guadagnandosi nel tempo e a pieno diritto l’appellativo di Gourmet Errante. Come ama dire: ogni dove, ogni angolo del mondo del cibo e del vino sembra aspettarlo, con la sua prorompente vivacità, per filmare, fotografare e raccontare la sua passione insaziabile per il gusto.

Si dice che per essere un buon critico enogastronomico l'esperienza sia fondamentale: mangiando si impara, e Pasquale Pace ha accumulato un vasto bagaglio di conoscenze negli anni. Il suo palato è allenato a riconoscere e apprezzare ogni sfumatura del cibo, del vino, del gelato, della pasticceria, del caffè, del cioccolato e di tutto ciò che può essere degustato. Basta un'occhiata alle sue pagine social per comprendere l'ampiezza dei suoi viaggi enogastronomici.

Pochi come Pasquale hanno l'opportunità di degustare e seguire aziende e ristoranti anno dopo anno, osservando i loro progressi e cambiamenti. Questa è la sua vera missione. I suoi reportage sono dettagliati appunti di viaggio, esuberanti e ridondanti, proprio come la sua personalità.



 

Come sei capitato in questo singolare mondo dell’enogastronomia?

Ho sempre avuto una passione per il cibo, anche perché nella famiglia di mia madre c'erano tre cuochi tra i suoi fratelli. Per quanto riguarda il vino, invece, è stato il mio lavoro: ero un commerciante di vino all'ingrosso. Nel 1999, mi sono immerso nel mondo del vino in bottiglia e, con il tempo, la mia passione è cresciuta sempre di più.

  

Quanto conta essere golosi e curiosi in questo lavoro?

La golosità fa parte della passione che nutro per questo mondo, e la curiosità è nella mia indole. È umano voler conoscere il più possibile, e in questo ambito la conoscenza è vastissima.

 

Qualcuno cita: si impara mangiando. Quanto è importante l’esperienza in questo lavoro? Pensi di essere un critico autorevole e credibile?

Mi piace dire: l’esperienza è la somma delle fregature, quindi più se ne ha, meglio è. La vera conoscenza si acquisisce attraverso gli errori, le delusioni e le difficoltà incontrate lungo il percorso. Ogni volta che si subisce una fregatura (ovvero un inganno o una situazione sfavorevole), si impara qualcosa di nuovo, e questo accumulo di lezioni apprese costituisce il mio bagaglio culturale. Come critico penso di essere obbiettivo e sincero inoltre sono consapevole che non scendo a compromessi e, con orgoglio, posso dire che mai nessuno mi ha comprato.

 

Sei un gourmet a tutto tondo, e cibo e vino sono strettamente correlati nei tuoi racconti di viaggio. Non tutti gli esperti seguono entrambi i settori con la stessa passione e capacità come fai tu. C’è un ambito dell’enogastronomia che preferisci particolarmente?

Nel mio percorso, potrei anche fare a meno del vino, ma non del cibo. Mangiare è una curiosità e un piacere che mi accompagna tutto il giorno, mentre il vino rappresenta cultura, paesaggi, umanità e molto altro. Amo tutto il mondo dell’enogastronomia a 360 gradi e non c’è un cibo in particolare che preferisco rispetto ad un altro.

 

Hai iniziato a viaggiare e a esplorare il mondo dell'enogastronomia in tempi non sospetti. La tua vita da influencer è cambiata nel tempo? I social media hanno avuto un ruolo significativo nel tuo successo, o pensi che saresti arrivato allo stesso risultato anche senza Facebook e Instagram?

Il mio percorso da Gourmet Errante è iniziato con Facebook. Il mio blog è nato nel 2014, in seguito a un cambiamento importante nella mia vita e come per alcuni dei miei colleghi enogastronomi c’è stato un mondo prima dei social e poi un altro dopo, nuovo e più entusiasmante, quello con i social media che ho potuto sostenere grazie alla mia formazione idonea e capace.

 

Nel tuo lavoro viaggiare è fondamentale. C'è un luogo che non hai ancora visitato ma che desideri conoscere?

I miei itinerari sono sempre in Italia ma se avessi la possibilità girerei il mondo in ogni dove. Il viaggio dei miei desideri non ha nulla a che fare con il mio lavoro: il posto che mi piacerebbe visitare è l’arcipelago delle isole Fiji, in Oceania.

 

Hai mai visitato luoghi dove hai mangiato e bevuto male? In questi casi, ne hai parlato o hai divulgato la tua esperienza?

Visitare un posto deludente è capitato perché fa parte del mio lavoro. È una esperienza interessante che ti permette di capire quali sono le eccellenze e quali le mediocrità. Divulgarlo pubblicamente secondo me non serve a molto. Ne parlo certo con gli amici o a chi mi chiede consulenze e consigli. 

 

Di cosa è più orgoglioso oggi Pasquale Pace?

Prima di tutto sono orgoglioso di aver collaborato alla creazione dell’evento e della guida: I luoghi del Cesanese (ormai giunto alla 5° edizione). La collaborazione è iniziata proponendo e presentando varie aziende vitivinicole che producevano il Cesanese. L’obiettivo era (e continua ad essere) quello di far conoscere le eccellenze del nostro territorio e portare la mia cittadina di Olevano Romano (RM) a conoscenza di ogni degustatore e di tutti gli appassionati del settore. Ad oggi è un grande successo di cui sono fiero. Inoltre sono orgoglioso di non essere mai stato influenzato da nessuno nel corso della mia professione. Esprimo liberamente ciò che penso sempre con educazione e rispetto (che per me viene prima di ogni altra cosa).

 

Hai ancora sogni da realizzare? Cosa vedi nel tuo futuro? 

Il sogno sarebbe riportare tutto il meglio dell’anno del gourmet errante in un libro. Attualmente lo scrivo sul mio blog, ma l'idea di trasformarlo in un libro cartaceo mi intriga molto. Il mio desiderio è di pubblicarlo ogni anno, con uscita fissata per l'otto dicembre. Nel mio futuro vedo sempre la possibilità di crescere professionalmente e di realizzare progetti di interesse collettivo sempre in ambito enogastronomico.

 

Non tutti sanno che…

Non tutti sono consapevoli che la libertà è fondamentale. L’amicizia è meravigliosa. Il rispetto porta benessere. La gentilezza genera gentilezza. La pulizia porta pulizia (per inteso: mantenere la mente pulita, chiara e ordinata).

 


 

https://www.ilgourmeterrante.it/sito/


Vino e Innovazione Tecnologica






La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente. (A. de Saint-Exupéry) 



Ormai lo sappiamo: il mondo viaggia alla velocità di un click e l’innovazione tecnologica sta rivoluzionando il futuro di tutte le imprese compresa quella del vino. 

Anche se click e natura non vanno di pari passo, l’avanzamento delle nuove tecnologie apre nuove frontiere sia per i vignaioli che per i consumatori, cambiando il modo in cui il vino viene prodotto, analizzato e apprezzato. L’innovazione tecnologica viene utilizzata nelle varie fasi della produzione vinicola dalla coltivazione delle viti alla produzione e alla commercializzazione. 


In vigna 
Sensori e droni (vedi foto delle vigne della Cantina Strappelli  nelle Colline Teramane) monitorano lo stato di salute delle piante e ipotizzano previsioni, ottimizzando la gestione delle vigne. 

In cantina
In cantina si analizzano e si controllano i dati dalla temperatura, all'ossigeno e altri fattori critici, dalla fermentazione all’imbottigliamento per ottenere maggiore precisione e qualità nel prodotto finale. 

In distribuzione 
L'innovazione tecnologica viene usata per migliorare l’esperienza dei consumatori. Piattaforme online, app e strumenti digitali forniscono informazioni dettagliate sui vini consentendo ai fruitori di prendere decisioni più informate sull'acquisto di vini. 



Vigne Cantina Strappelli

Lo stimolo e il fascino delle nuove tecnologie riguardano soprattutto il mondo della comunicazione e, come tutti sanno, lo strumento più usato a sostegno dell’informazione dei prodotti in commercio è il noto QR code. 

Il QR code (nato in Giappone 25 anni fa per superare i limiti della lettura del codice a barre) ci consente di leggere, come per l'etichetta, tutte le indicazioni di un prodotto (fornendo anche la tracciabilità di un alimento). È un simbolo che restituisce, ogni qualvolta viene inquadrato da una fotocamera, dati e informazioni per il consumatore. 

Tra le più svariate varianti e variabili del QR code, tempo fa, mi sono imbattuta in una tecnologica  etichetta digitale vocale multilingua
Consiste in una semplice interazione tra il consumatore e la bottiglia di vino. Scansionando il QR code sull'etichetta del vino e si accede a un'interfaccia che offre una varietà di contenuti multimediali. Attraverso le etichette digitali vocali i consumatori possono ascoltare (invece che leggere) nella lingua desiderata, descrizioni dettagliate del vino fornite dal produttore, dall'enologo o da esperti di settore. Le descrizioni vocali possono coprire una serie di argomenti, come l'origine del vino, le caratteristiche organolettiche, le note di degustazione, le tecniche di vinificazione e gli abbinamenti consigliati. Questa modalità di comunicazione audio fornisce un'esperienza più coinvolgente rispetto alla semplice lettura delle informazioni sull'etichetta (inoltre la tecnologia avanzata del QR code permette di avere contenuti multimediali aggiuntivi)
L'ascolto dell'etichetta può essere un'opzione interessante per comunicare con i consumatori, specialmente per le aziende che esportano i propri vini. Questo approccio offre un modo immediato di informare senza la necessità di traduttori digitali online, semplificando la comprensione delle informazioni per un pubblico internazionale.  (www.codetells.it)

Una ricerca sulla frontiera del marketing sensoriale (o neuro marketing che fa leva su emozioni e sentimenti) cita che il 95% delle decisioni di consumo viene influenzato da processi che coinvolgono l’inconscio e sono di tipo irrazionale. I diversi stimoli vengono scannerizzati dal nostro cervello che riesce a fare associazioni con musiche o immagini collegandoli a determinate sensazioni o emozioni felici della nostra vita. Principalmente ci si avvale, nei media, del suono e della vista ma non si sa mai che le nuove frontiere ci riservano trasmissioni di gusto e olfatto non solo immaginario. 
Siamo pronti a tutto


Tuttavia mi piace pensare che la tecnologia è solo un supporto per preservare e conservare la tradizione e l'arte della produzione vitivinicola e che questo legame tra la passione umana e l'innovazione tecnologica sia solo un potenziamento del futuro del mondo del vino. 


Foto: Cantina Strappelli 



Credits foto copertina: 
https://joeducation.eu/it/



Vino e Pregiudizio





di Daniel Barbagallo 

Sono rare le occasioni in cui la ragione mi trattiene e quasi sempre seguo l’istinto. Spesso questa mia attitudine mi ha fatto incorrere in pregiudizi e grandi errori ma, col senno di poi, mi sono reso conto che se ci avessi ragionato meglio la conclusione (che non sarebbe poi cambiata) sarebbe arrivata prima del tempo.

Il risultato è che i pensieri e le emozioni (che non sono così differenti) hanno solo due velocità diverse. Una arriva prima e l’altra poco dopo. 

Gli sbagli sono macigni da portarsi quindi tanto vale prenderne coscienza subito e non pensarci più.

Mi spiego meglio con un esempio:

Clos De Lambrais è un Gran cru di Morey-Saint-Denis, un monopole, ovvero di esclusiva proprietà di un domaine. È un vino che in più di una annata mi ha regalato grandi esperienze che si sono trasformate in bellissimi ricordi ma questa volta è successo qualcosa che mi ha fatto perdere di vista l’unica cosa vera e importante: il qua e ora e cioè il vino nel calice nel momento in cui lo bevo

Una settimana fa un amico ha portato questa interessante bottiglia: un piccolo bagnami di quello che cerco in un vino: grazia, leggiadria, grande presenza e personalità.

Piccoli frutti di bosco maturi, una bellissima parte fumosa e balsamica unite a una vibrante mineralità. Doveva bastarmi per soddisfare le mie pulsioni ma poi i ragionamenti sono arrivati, come fanno sempre, a disordinare il mio cervello e le mie logiche. Però è un 2010 ed è troppo pronto. Però è un 2010 ed è poco grintoso. Però è un 2010 e non mi dà l’idea di avere ancora lunga vita.

Mentre il suo ventaglio aromatico mi rapiva, le domande aumentavano e la cosa mi faceva pensare e arrabbiare nello stesso tempo. Il sorso, a tratti poetico, stava in perfetta fusione con tutto il resto e il vino non aveva la necessità di dimostrare nulla a nessuno proprio come tutte quelle cose che non hanno bisogno di essere forti per esser forti.

Le aspettative sono il male assoluto perché spostano il punto di partenza e di vista da reale a personale. Questo vale per persone, amori e vino. Ho dovuto riflettere una settimana su qualcosa per cui da riflettere non c’era nulla. Ho solo perso tempo in paragoni e ragionamenti machiavellici perché il vino era eccezionale. Punto.

Il resto è aria fritta. Quando qualcuno o qualcosa è sicuro di ciò che è se ne frega di come lo percepisci tu. La sua più grande qualità era proprio questa coscienza di sé e avrebbe dovuto bastarmi per farmi saltare sulla sedia.

La scorsa settimana ho sbagliato, non succederà più.




Daniel 


Wine Writers: Daniel Barbagallo, il mio segreto? Stupirmi davanti ad un calice di vino come fosse sempre il primo



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 


Daniel Barbagallo nasce a Ginevra nel 1972 da madre emiliana e padre siciliano. Dal 1990 ha un lavoro stabile nell’industria manifatturiera tessile Made in Italy. A 25 anni si avvicina al mondo del vino per un amore sconfinato per la materia. Dopo qualche anno da autodidatta frequenta i corsi Ais ma l’approccio al vino non lo soddisfa. La sua chiave di lettura e l’interpretazione delle produzioni e degli assaggi si discosta dai più classici punti di vista delle associazioni che si occupano di vino. Per questo motivo continua il suo percorso di formazione viaggiando e girando per cantine studiando la vita dei vignaioli e le loro produzioni. Tra i suoi numerosi viaggi quello in Borgogna, che frequenta da oltre 20 anni con costanza e assiduità, diventando fondamentale e illuminante per la sua formazione. La sua passione per la scrittura è il paspartout per redazione di Intravino, il blog di Antonio Tomacelli. Qui, in accordo con l’editore, inizia una serie di pubblicazioni delle sue esperienze e dei singolari assaggi tanto da annoverarlo tra i più eclettici, versatili e poliedrici wine writers della redazione. Offre regolarmente la sua penna al blog Ritratti di gusto dove scrive singolari aneddoti sul vino e storie di vita. 



“Potresti vivere in un paesino sconosciuto, ma se hai grandi idee, il mondo verrà a trovarti!” (M. Murat Ildan) 
Da Ginevra ad un piccolo centro dell’Emilia Romagna. Diventare adulti, costruire una vita e realizzare sogni è stato più difficile che vivere in città? Fai parte della filiera del Made in Italy. Questo ti rende orgoglioso e responsabile? 
Il luogo in cui sono cresciuto non ha influito alla mia formazione, d'altronde avevo solo tre anni quando i miei genitori sono tornati in Italia, mi sento emiliano, modenese e spilambertese fino al midollo. Amo l'Emilia perchè è una terra divisa tra duro lavoro e gioia di vivere.
L'attività dell’azienda di famiglia mi ha dato quel rigore e quella costanza che non ho nei miei geni. Il mio è un settore in cui vai avanti solo se rispetti tassativamente gli impegni perché i tempi sono sempre ristretti e ed io, lavorando all’ultimo anello della catena produttiva, mi sobbarco spesso i ritardi di tutti. Quando, ad esempio, ci sono sfilate di moda e appuntamenti importanti c'è tensione constante per la tempistica. Non si può sbagliare nè rinviare mansioni perché si pregiudica tutto il lavoro anche dell'anno a venire. Purtroppo il Made in Italy non è sufficientemente tutelato (compreso le contraffazioni) e siamo in concorrenza con i paesi come Cina, India, Vietman etc. che hanno manodopera a basso costo e qualità dei prodotti decisamente inferiori.



Per avere successo, lavora sodo, non mollare mai e soprattutto coltiva una magnifica ossessione. (Walt Disney) 
Essere soddisfatti della propria vita è motivo di sicuro successo personale. La tua magnifica ossessione per il vino ha contribuito a raggiungere i tuoi obiettivi? Come ci sei capitato in questo mondo singolare? 
Più che farmi raggiungere obbiettivi ha contribuito a farmi diventare ciò che sono. Questa magnifica ossessione (che io definisco più un amore) mi ha stravolto la vita diventando una vera e propria lente con cui guardo ogni cosa.  Ad esempio, quando conosco una persona (che mi interessa) mi chiedo: che vino è? E’ mia convinzione che nulla assomiglia più agli uomini del vino. Ci sono quelli di grande impatto che dopo poco si spengono, quelli più introversi ai quali devi dare tempo per mostrare la loro bellezza, gli esuberanti che mantengono le promesse e quelli su cui occorre investire perché senti che comunque qualcosa alla fine ti regalano. 
Sono capitato in questo magnifico mondo per caso, poco prima dei venticinque anni un sabato pomeriggio, con un amico a cui avevano regalato una bottiglia di vino. Non a caso un Pinot Nero. Ricordo come fosse ieri che, sentendo quei profumi nel calice, mi sono ritrovato di fronte ad alcune cose di cui non avevo conoscenza. Fino ad allora i miei unici vini erano: Lambrusco e Chianti nel fiasco, uno fermo e uno frizzante.  Fu una folgorazione, non ci capii molto ma fu una scoperta entusiasmante. Quella esperienza mi aprì un mondo nuovo. Cominciai ad avere la curiosità di provare altre bottiglie anche se non immaginavo assolutamente nemmeno la differenza che poteva esserci tra un Aglianico e un Nebbiolo. Il mio avvicinamento al vino in età così giovanile (quando non c’era la speculazione di oggi e le bottiglie dei grandi vini pregiato erano fruibili anche in diverse annate) mi ha permesso di fare una tale esperienza di crescita e conoscenza che oggi sarebbe impensabile realizzare. Ormai molte di queste bottiglie (Lafite, Romanèe-Conti, Conterno, Soldera) hanno prezzi proibitivi e sono spesso solo per facoltosi e benestanti. 


“Nella comunicazione la cosa più importante è ascoltare ciò che non viene detto.” (P.F. Drucker) 
Con il vino hai un rapporto empatico traducendo ogni assaggio tutto in interpretazioni e sentimenti. Cosa pensi quando ti accosti al calice? Sei in disaccordo con il mondo delle associazioni del vino. Perché credi che si possa fare a meno della didattica? Cosa consiglieresti a chi si avvicina al vino per la prima volta? 
A questa domanda rispondo così: non sono in disaccordo con le associazioni del vino, ne riconosco l’importanza e la capacità formativa. Io stesso, dopo alcuni anni da autodidatta, ho sentito la necessità frequentare corsi per approfondire alcune tematiche e argomenti che da solo non avrei mai potuto imparare. Ma anche se la didattica è importante io, alla fine del mio percorso formativo, ho sentito che quella non era la mia unica dimensione e così ho preferito approfondire la mia conoscenza sul campo. Ad oggi ho un rapporto speciale con i vignaioli e la loro terra. Assaggiare poi il loro vino in cantina mi permette di avere un rapporto empatico con la materia (scevro da impostazioni scolastiche). Valutazioni, grafici e schemi e punteggi sono ben diversi che ascoltare storie di vita contadina, di tradizioni e ricette familiari per allevare la vite e preservare le tradizioni dei luoghi e del proprio lavoro. 
Bevo per viaggiare, sognare e ricordare. Questo intreccio di sensazioni mi porta spesso a scrivere di vino. Non è l’amarena o la ciliegia o il pepe e la noce moscata che mi stravolge ma piuttosto la capacità del vino di farmi immaginare il luogo in cui nasce o capire il pensiero che ci sta dietro e dentro. 
Per questo sono da sempre contrario a dare punteggi ai vini perché come dice il professor Keating ai suoi studenti nel film L’attimo fuggente: le emozioni non si possono rinchiudere in nessuno schema. Inoltre per quel che mi riguarda cerco di evitare le manifestazioni in cui si assaggiano cinquanta o cento vini in un giorno perché personalmente con il vino ho bisogno di creare un legame profondo cosa che non si può fare nel breve tempo degli assaggi veloci. Dunque davanti ad un calice mettetevi nelle condizioni di potervi sempre stupire perché è il più grande regalo che potete farvi.  
Tornando alla domanda: a chiunque volesse avvicinarsi a questo singolare mondo del vino consiglierei prima di tutto di studiare almeno le basi di enologia ed enografia e poi di viaggiare e degustare ma mai rimanere imprigionati dagli schemi e dalla didattica. Negli assaggi come nella vita dimenticare è una cosa necessaria.  


“Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra.” (Mario Soldati) 
Segno di un profondo cambiamento culturale ed economico è la proposta di legge: il vino sui banchi di scuola visto come parte della civiltà mediterranea che può dare lavoro ai giovani. Valutato come la porta più immediata al territorio e prima esperienza attraverso la quale il viaggiatore cerca un contatto con la cultura e le tradizioni del luogo, il legislatore lo inserisce nei programmi scolastici. È la svolta che gli addetti ai lavori inseguivano? 
Il vino è cultura e la cultura è patrimonio di tutti. Questa proposta la condivido appieno perché il vino, specie nel nostro paese, è storia (antica, medievale e contemporanea), geografia, scienze naturali, storia dell’arte, chimica, bioetica, filosofia, sociologia etc.  Non esiste posto in Italia dove il vino non è vita e risorsa. Inserirlo tra le materie scolastiche da studiare è quasi doveroso. A parte le opportunità di lavoro (che sono innumerevoli) è la nostra ricchezza nazionale, il nostro bagaglio culturale da cui non si prescinde. Il turismo, una grande risorsa, mette in stretta relazione il viaggiatore con il territorio. Cibo e vino sono dunque canali di informazione di cultura e di tradizioni del nostro paese. Conoscere il vino, il vitigno del luogo, il suo sistema di allevamento, il metodo di produzione è studio del territorio e quindi esperienza culturale e di conoscenza di tutti coloro che visitano il nostro bel paese. E ricordo anche che nelle Langhe molto prima che queste raggiungessero una fama mondiale il vino e l’uva potevano essere utilizzati anche come moneta per pagare la dogana.



“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.” (John Steinbeck) 
I tuoi numerosi viaggi annoverano la Francia tra tue preferenze. Ci spieghi come ha contribuito la Borgogna alla tua formazione? Qual è la differenza tra il lavoro dei vignaioli francesi e quello degli italiani? 
La mia prima volta in Borgogna fu nel 2002. È inutile dire: amore a prima vista (in quegli anni era più facile essere ricevuti nei Domaines mentre oggi la richiesta è superiore alla capacità di accoglienza)
A mio avviso la più grande differenza che c’è tra l’Italia e la Francia più che in termini qualitativi è in termini di storicità (la Francia ha le sue denominazioni nate e consolidate molto prima delle nostre). Sappiamo inoltre che sono più bravi di noi a fare sistema e in più le aziende il territorio, la ristorazione e la ricezione sono più organizzate delle nostre ma è un gap che con il passare degli anni diminuirà e noi saremo in grado di essere competitivi al cento per cento. 
La Borgogna ha contribuito in modo fondamentale alla mia personale formazione enologica e anche a quella emotiva che accompagna le degustazioni del vino. Quando sono a Beaune vivo in uno stato di indefinito piacere nel quale mi sento in vacanza e a casa nello stesso momento. Ho un feeling speciale con questa terra che ancora oggi non smette di regalarmi esperienze da ricordare e raccontare. L’incontro più singolare di questi miei viaggi in Borgogna è capitato al Domaine Leroy. La stessa Madame Leroy in persona mi invitò ad una degustazione completa dei due Domaine Leroy e d’Auvenay, a casa sua, ad un pranzo con portate in abbinamento ai suoi vini. Questo evento rimarrà per sempre la mia più alta esperienza gustativa ed emotiva e l'annovero tra le indimenticabili degustazioni della vita. Dopo quella giornata, che ha visto nascere una grande simpatia personale tra me e Madame Leroy, non ha più mancato di riservarmi altri inviti di cui sono fiero e grato.



“La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore.” (Papa Francesco) 
Come ti descriverebbero i tuoi amici? 
Che domandona! Prima di tutto mi ritengo un uomo fortunato perché ho tanti veri grandi amici su cui contare per qualsiasi cosa. Nella descrizione sono certo partirebbero dai miei difetti: rompiscatole, ansioso, irrequieto, accentratore e con la mania del controllo su tutto. Ma poi aggiungerebbero: generoso e sincero, coordinatore e organizzatore di eventi importanti, simpatico e soprattutto sempre presente. Il mio motto per l’amicizia è: cerca persone eccezionali e ti accadranno cose eccezionali.  



“Chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire.” (Jim Morrison) 
A cosa non potresti mai rinunciare? 
Questa è facile: alla bellezza. La cerco in modo ossessivo nei paesaggi, nelle persone, nei vini e in tutti i momenti della mia vita. La ricerca della bellezza è il motore che mi spinge sempre in luoghi e situazioni nuove e senza questa continua indagine probabilmente non sarei ciò che sono. 



“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
 Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita?
Le bottiglie con dentro tutta la mia filosofia di vita non hanno una etichetta. Il miglior calice è quello che fa strada nei miei sentimenti. Spesso dico che sono il sommelier degli stati d’animo. Lo Champagne ad esempio è un vino perfetto per un appuntamento: mette allegria, accompagna un piacevole dopocena, è il vino perfetto per l’amore o per quelle serate in cui azzero la mente rilassandomi. Il Nebbiolo con il suo carattere caldo, forte ed avvolgente è il vino che più di tutti mi ricorda l’amicizia tanto è vero che il mio amico speciale (il mio cane) l’ho chiamato Barolo. Il Bourgogne è il vino perfetto per fare conoscenza. Mi regala un senso di libertà rendendo tutto più facile sia l’ascolto che il dialogo perché le sue infinite sfumature e le sue infinite evoluzioni mi offrono spunti per raccontare e sognare.  Il Lambrusco (il mio vino del cuore) è quello in assoluto per fare festa, ideale per un pomeriggio in fuga da tutto o per una cena con gli amici condita da risate a crepapelle. Le sue bollicine mi regalano danno leggerezza e buon umore. Non potrei mai farne a meno.  Il Bordeaux è il vino perfetto per progettare il futuro e per analizzare il presente. Per il suo lento incedere e le pause che necessitano per degustarlo è il vino unico per trasformare una sera in una notte magica. Il Sangiovese da parte sua è il vino che culla le mie malinconie e con cui mi piace accompagnare ricordi, persone e circostanze che meritano di riaffiorare alla coscienza con questa degna conclusione. Eccola tutta qui la mia filosofia sulla vita e sul vino. 



“Chi teme che tutto gli possa capitare vive come se tutto gli fosse capitato.” (Roberto Gervaso) 
Qual è la cosa migliore che ti potrebbe capitare ora? 
A parte ricevere una telefonata del notaio Morales dall’Argentina che mi dice che uno zio, che non sapevo di avere, purtroppo è scomparso all’età di 104 anni lasciandomi tutto il suo milionario patrimonio, credo che la cosa migliore che mi potrebbe capitare è non sapere nulla di ciò che mi accadrà.


Non tutti sanno che…
A differenza di quello che la mia esuberanza può far sembrare, sono una persona timida e molto riservata. E solo chi ha condiviso o chi condivide un pezzo della mia strada lo sa molto bene.     






Pasquale Pace, il globetrotter dell’enogastronomia italiana

  Pasquale Pace è il noto globetrotter dell’enogastronomia italiana, guadagnandosi nel tempo e a pieno diritto l’appellativo di Gourmet E...