Da sommelier a carismatico manager al servizio della Puglia: intervista a Giuseppe Cupertino


Giuseppe Cupertino, comunicatore e sommelier, è il wine experience manager di Borgo Egnazia, uno dei Relais i più prestigiosi al mondo. Da qualche mese è diventato il più giovane presidente di regione della Fondazione Italiana Sommelier. Dinamico, carismatico e dotato di una impareggiabile professionalità, è nato 32 anni fa a Cisternino (Br), ma vive da sempre a Locorotondo. Ho avuto il piacere di intervistarlo dopo una delle serate più interessanti tra quelle organizzate dalla F.I.S. nel Relais: una verticale del Brunello di Montalcino di Biondi Santi che sarà difficile dimenticare.

Come hai scoperto la tua passione per il vino? 
Parto subito col dire che la passione è divenuta sempre più forte nel tempo, lavorando a stretto contatto con grandi professionisti nelle migliori case d’hotellerie in Europa. Ho iniziato come commis, ero affascinato dall'eleganza, dalla gestualità, dall’armonia e dalla cultura persuasiva dei Sommelier che lavoravano con me nei grandi ristoranti stellati, dove ho avuto la fortuna di prestare servizio. Da ventenne iniziai con l’affezionarmi all’idea di diventare un giorno come loro e la passione crescente ha fatto il resto.

Ricordi il tuo primo vino da sommelier? 
Si certo, il mio primo vino stappato in servizio da Sommelier è stato uno Châteaux Cheval Blanc 1er Cru Classé 1988 per l’Ambasciatore del Kuwait nel Regno Unito, il 16 Febbraio 2004.

E qual è il tuo vino del cuore?
E’ stato proprio quello il mio vino del cuore perché ”la prima volta non si scorda mai”.

Quando è cominciato il tuo percorso professionale e come?
Ho iniziato (orgogliosamente) da commis in Masseria San Domenico a Savelletri di Fasano nel 2001 quando, nei mesi estivi, tornavo a casa da Assisi dove frequentavo l’università. La stagione invernale successiva, la proprietà ed il mio mentore Angelo Cervellera hanno voluto darmi fiducia da subito e mi hanno proposto di fare esperienza nei migliori alberghi di lusso in Europa: Palace Hotel a Gstaad in Svizzera, a Londra presso il Savoy Hotel, il George e l’Harry’s Bar, dove ho potuto fare esperienze e formarmi sui vini internazionali, perfezionando le tecniche di servizio, iniziando così il mio percorso professionale da Sommelier.

Cosa hai imparato dalla formazione Ais? 
Premetto che il corso da sommelier Ais io l’ho fatto dopo essere rientrato in Italia, perché avevo una forte necessità di conoscere i vini italiani che all’estero non erano per nulla conosciuti. È servita, poi, per poter avere un quadro più vasto della terminologia e sulla tecnica di degustazione che, ho scoperto con il tempo, essere molto standardizzata e restrittiva, sicuramente “scolastica”. Il nostro lavoro è fatto di emozioni e sensazioni espresse sulla base di esperienze fatte in vigna e in cantina, trasferendole poi, con capacità comunicativa ed esperienza, al pubblico.

La svolta Fis: ti ha cambiato o ha cambiato solo le tue prospettive? 
La filosofia FONDAZIONE mi ha sicuramente cambiato e ha cambiato il modo di vedere le cose rispetto a quello a cui ero stato abituato in associazione ma, soprattutto, ha risollevato le mie speranze ed aspettative di qualità, grande comunicazione ed organizzazione, presupposti per cui avevo accettato un incarico nel 2010 sul territorio tarantino da Ais, sperando di portare il mio piccolo contributo per la crescita di un territorio.

Le qualità essenziali per essere un top sommelier? 
Impegno, costanza, professionalità, passione e tanta tanta umiltà, in sala e fuori.

Che aspetto del lavoro ami di più e di meno? 
Di più: la possibilità di conoscere il mondo stando fermi e facendo quello che amo fare.
Di meno: il tempo che non basta mai.

Hai una clientela internazionale, cosa proponi per lasciare un ricordo tutto italiano e che vino stapperesti per una cena? 
Autenticità e territorialità allo stato puro, per provocare nel cliente un feedback sensoriale talmente persuasivo da riportarlo nuovamente e presto in Puglia. Insomma un’esperienza unica e indimenticabile. Seguendo questa linea di pensiero, tra i vini che stapperei, sicuramente ci sarebbero i vitigni autoctoni e le eccellenti piccole produzioni da vitigni poco conosciuti.

Ogni cuoco ha un maestro, succede lo stesso anche per il sommelier? 
Il sommelier professionista ha sempre nel proprio percorso formativo un’icona, ma quello che lo contraddistingue è la capacità di arricchirsi quotidianamente nel rapporto con i suoi clienti, con cui l’interscambio è costante. La mia icona di sommelier professionista, (con il quale ho avuto modo di collaborare) è stato Andrea Maffei del Palace a Gstaad. Con lui ho avuto la possibilità di comprendere come funziona una wine cellar ed una grande carta vini.

É importante viaggiare per un sommelier come per uno chef? 
È vitale per comprendere e vivere i territori e i terroir, scoprire sul posto la filosofia aziendale ed il contesto storico di vitigni e luoghi. Il viaggio è il libro su cui approfondire e poterlo raccontare aumenta la propria autorevolezza in materia.

Che consiglio daresti a chi comincia ora la carriera di sommelier? 
Aiutati che dio t’aiuta! Rispetta ed ama il tuo lavoro come fosse tua madre, fallo crescere e coccolalo come fosse tuo figlio. L’impegno, il sacrificio e l’umiltà sono le fondamentali doti per un buon sommelier, poi bravi ed esperti si diventa.

L’Emilia per lo chef Massimo Bottura è una terra di fast car e slow food, tu come definiresti la Puglia? 
La mia terra è un grande albero di ulivo, maestoso e radicato fortemente ad un territorio che con orgoglio gli appartiene e sovrasta. Millenni di storia e infinite civiltà gli appartengono, nato minuto e rozzo ma levigatosi elegantissimo con il trascorrere del tempo. Questa è per me la Puglia quando la racconto.

Cosa pensi della cucina regionale pugliese e dei suoi vini? 
La Puglia con la sua cucina ed i suoi vini è la regione d’Italia con la più ampia varietà di ingredienti e vitigni autoctoni. Certamente per questo rappresenta un’eccellenza per noi stessi e per chi ci viene a scoprire. Bisognerà preservare la nostra tradizione e renderla fruibile a tutti senza esasperarla e puntare alla qualità massima delle materie prime, accorciando quanto più possibile la filiera dal produttore al consumatore.

Lavorare nel resort Borgo Egnazia é un privilegio o un faticoso impegno? 
Sicuramente un privilegio perché si è a contatto quotidianamente con grandi professionisti e manager che, ognuno per il proprio reparto, riescono a trasferirti qualcosa per migliorare costantemente e poi perché si ha la possibilità di “viaggiare” senza praticamente muoversi.

C’è differenza nel servire un personaggio famoso e un cliente “normale”? 
Nessuna per me, è semplicemente un dettaglio.

Ricordi qualche aneddoto in particolare accaduto durante il tuo lavoro?
Potrei scriverne libri di aneddoti, ma mi piace raccontare quella volta che mi è capitato di dovermi inventare autista di tir per poter trasportare la nostra cantina in un grosso evento itinerante.

I social e il vino: influiscono sul mercato e sulle richieste di assaggio? 
Certo, siamo nell’era in cui tutto può essere più facilmente raggiungibile tramite il web ed i social. Io personalmente sono spaventato dai tanti, ormai, che parlano di vino, elevandosi a navigati esperti o, peggio ancora, giudicandolo. Certamente questi influenzano e deviano il mercato o la reputazione di questo o quel produttore, senza considerare quanto lavoro ci sia dietro una bottiglia o un grappolo.

Se non avessi fatto il sommelier quale sarebbe stato il tuo percorso? 
Avrei continuato sempre nel settore alberghiero ma dietro una scrivania, alquanto noioso per i miei gusti.

Quale è il sogno ancora da realizzare? 
Una vigna in cui rilassarmi e godermi i frutti di una vita di sacrifici, con l’esperienza di chi il vino l’ha vissuto dal fronte opposto.



Pietro Moffa, il pasticcere con la Puglia nel cuore e la Francia nella testa




Con 40 gradi all'ombra e un’umidità folle ci accoglie Foggia in una di quelle mattine dove tutto diventa rovente, pensieri compresi.

L’unica è cercare ristoro nella migliore pasticceria della città, e Moffa non ci deluderà affatto.
Pietro, che è membro dell’Accademia dei Pasticceri Italiani, trasforma l'artigianalità del gusto, ereditata dal padre, in arte dei sapori.
Nel giro di pochi anni il suo locale è diventato un punto di riferimento imprescindibile per tutti i gourmet.



Dopo una serie di viaggi di studio in Francia, Pietro è tornato nella sua città e Foggia ha risposto come doveva. Qui tutto è di livello altissimo, dai croissant di pasticceria fragranti e ricchi di burro ai macaron che sembrano una nuvola di piacere. Ottima la piccola pasticceria che, oltre a qualche piccolo capolavoro frutto della fantasia di Pietro, rispolvera i classici con un tocco di leggerezza ammirevole.




Cassatine, bignè e chantilly hanno consistenze e sapori impeccabili con in più il raro dono della leggerezza. Le materie prime locali sono scelte con cura, segno di una professionalità profonda.




Buona anche la scelta delle torte, tra le quali segnaliamo un dolce creato da Pietro, una nuvola di meringa alle mandorle che racchiude un filo di crema burro da svenire. Abbiamo assaggiato tante meraviglie, supportati dall’impianto di aria condizionata, ma ora è il momento di rituffarsi nei 40° di Foggia. Moffa è un’oasi di piacere, ma è anche un attentato alla linea: da consumare con moderazione, crea dipendenza!




Via Mandara n. 103 Foggia
tel. +39 0881 331 831
email pasticceriamoffa@alice.it


The sound of Puglia


Sfrigola l'aglio in camicia, a fuoco moderato perché non si bruci.

Lo senti che è tempo di aggiungere i moscardini e, dopo un minuto appena, aggiungerai gli altri "strumenti" della sinfonia culinaria: patate, pomodorini e cozze suoneranno in contrappunto ai polipetti.

Prestagli ascolto, il cibo ti parla... il sobbollire lento del polpo nel pomodoro ha in sè la musica del gusto. Intanto l'acqua in pentola borbotta e sibila, l'ouverture che accoglierà le linguine è a buon punto.

Unisci il tutto e via con il gran finale in "allegro maestoso" !

In cucina ci vuole pazienza, tempo e...orecchio



Pietraventosa, due ali per volare lontano


Kalos kai aghatos” citavano i filosofi greci.

Tutto ciò che è bello è buono, ed è grazia che conquista quella di Pietraventosa.

Siamo nel cuore della Murgia (da murex roccia aguzza) direzione Gioia del Colle e Marianna Annio ci ha riservato un invito per il taste en primeur dei suoi vini.

L’edificio bianco candido della sua cantina si affaccia su composti filari di vite. Poco piu in là impianti di alberelli di primitivo di 50 anni raccontano la storia di Marianna e di suo marito Raffaele.
Qui in Puglia dove la rocciosa terra rossa e minerale diventa vino, tra le vigne di Pietraventosa soffia un vento di passione.

 


Pretendere e ottenere il meglio per noi, racconta, è garanzia di qualità per i nostri clienti. È questo l’ingrendiente segreto che rende i nostri vini eccellenti. Nulla è lasciato al caso se non alla natura per la vigna. L’unico imprevisto che Marianna non può pianificare è l’andamento stagionale. E con l’onestà intellettuale che ogni produttore dovrebbe avere, ribadisce ferma e decisa che non tutte le annate diventano vino di Pietraventosa.

Ordine, organizzazione, estrema accuratezza, in tutti i locali di vinificazione. Quella di Pietraventosa è una cantina modello. Impianti ingegneristici di nuova generazione, sperimentazioni e ricerca con lo IAMB di Bari, progetti innovativi e programmi da attuare.

E mentre le annate passate sono già da tempo a maturare in barricaia, c’è un vento di novità che soffia in cantina che spira e ispira la vita di Marianna e il suo lavoro di vignaiola.   Spillati dai grandi serbatoi d’acciaio l’Allegoria e l’Ossimoro, ricercati ed eleganti, sono i vini che disegnano lo stile aziendale e l’EstRosa, il mio preferito, cristallino e cerasuolo con frutti di bosco e freschezza infinita, è il fiore all’occhiello di Pietraventosa.   La Riserva 2012 che assaggiamo direttamente dalla botte di rovere in cui matura per 18 mesi circa, è un primitivo di rara complessità, avvolgenza e piacere.

La sua linea classica si completa con l'etichetta più accattivante e divertente, Volere Volare, un vino free adatto per ogni occasione, di facile abbinamento con i più veloci street food, pizza, spuntini, feste estive in spiaggia o in campagna.
Un rosso rubino vivacemente colorato, profumi, frutta e fragranza che solo il primitivo sa concedere, da bere anche fresco nelle sere d’estate.

Il futuro di Pietraventosa è oggi, ci rivela soddisfatta ed entusiasta per la sua nuova avventura commerciale.
Le ali per volare Marianna non le perderà mai.

Il sole è tramontato. Si chiude dietro di noi la grande porta della cantina e un mulinello di vento ci avvolge scompigliandoci i capelli.
Il vento di Pietraventosa non si ferma con le mani, ci riserverà altre sorprese.

Sono curiosa, io aspetto e anche voi .





Massimo Bottura, la Puglia vista da 600 km di distanza



Vieni a Lecce con me?

A Lecce con noi ci siete venuti e in tantissimi.

Dagli chef stellati di Puglia ai ragazzi delle scuole alberghiere che emozionati e commossi si accostavano timidamente al loro mito che era lì, ieri sera, ad un passo dal loro cuore e da un autografo.
Punto di arrivo gli uni e di partenza gli altri, di un lungo viaggio fatto dal "90 % di duro lavoro e 10% di creatività e talento" (cit.)

Tutto è iniziato con un invito: Vieni a Lecce con me

Da allora è passato un lungo mese che è servito per pensare, organizzare, decidere e un giorno per realizzarlo. Era lì, ieri 23 febbraio ore 18, quel progetto fatto di domande e di dubbi, di entusiasmo e passione.

Noi che a Lecce ieri c'eravamo, abbiamo condiviso una delle più eccitanti esperienze che ci potevano capitare nella nostra vita : Massimo Bottura assieme a noi nel castello Carlo V che ipnotizza e emoziona la platea fino a commuoverla.

Vieni a Lecce con me

Grande privilegio per me accoglierlo e congedarmi da Massimo Bottura all'aeroporto del Salento con un sorriso e un arrivederci a presto in Puglia.
E mentre le porte del gate si chiudevano dietro di lui, non potevo non pensare che volava per Londra verso un'altra meta e un altro dei "suoi sogni" da realizzare.
Perché il suo futuro, quello di Bottura, come quello di ognuno di noi, è nel futuro. Perché il suo palato, lui lo ha ascoltato e lo ha portato lontano. Perché le sue cose impossibili diventano possibili.

Abbiamo condiviso il suo mondo fatto di mondi, l'approccio ai grandi temi delle ricette come gesti sociali, alle stratificazioni dei significati che una preparazione esprime, al palato mentale che viaggia alla velocità della luce, all'inseguire i ricordi della sua infanzia, a rendere visibile l'invisibile, alle ricette come contenitori di idee, alla nuova "tradizione" nel recupero e nello scarto e per finire al piatto del decennio, fatto di tempo e di 5 consistenze di parmigiano reggiano.

Grazie Massimo.

Grazie a tutti quelli che ci hanno dedicato il loro tempo.

Vieni in Italia con me



Qui trovate il video completo dell'intervista 




Viene dalla Puglia Antonio Daloiso, "il piu grande pasticcere" d'Italia



Ad un mese dalla conclusione del programma televisivo di Rai 2 "Il più grande pasticcere", che ha avuto come protagonisti una selezione di giovani talenti in arte dolciaria intervenuti da ogni parte d'Italia, ho intervistato il vincitore della sfida, Antonio Daloiso. 

Nel format americano in puro stile masterchef, tra burro, zucchero e farina Antonio e i suoi colleghi si sono cimentati in una serie di prove per valutare la loro abilità nella creazione dei classici della pasticceria quali torte, mousse, creme e bignè fino alle più fantasiose sculture di cioccolato. 

Antonio ha dominato tutta la gara dimostrando sempre tenacia, grinta ed estro, meritando perciò di vincere il titolo di “più grande pasticcere" d'Italia.

Quando hai scoperto che la pasticceria sarebbe stata la tua professione? 
Non è una passione che è nata in me, sono io che sono nato in una passione. Quello per la pasticceria è un amore che mi ha trasmesso mio padre e io sono cresciuto nel laboratorio di famiglia tra zucchero e farina. Il desiderio di imparare l’arte dolciaria mi ha spinto a partire per il viaggio che ha segnato ad oggi il mio destino. 

A soli 17 anni ho lasciato Barletta, la mia città natale, e ho girato per i laboratori di pasticceria di tutta Italia. Poi ho fatto stage, corsi di formazione, masterclass e incontri con maestri illustri quali Gianluca Fusto e Iginio Massari che hanno contribuito alla mia formazione. Oggi, nell’Accademia dei Pasticcieri, sono il più giovane tra i miei colleghi e questo mi rende orgoglioso del mio percorso professionale.




Hai un ricordo che ti lega ai tuoi anni di formazione?
Ricordo che sono stati anni belli e duri. Soddisfatto e contento per tutte le persone che ho incontrato e per le mie esperienze, ma abitare lontano dalla mia casa tra i 17 e 18 anni non è stato affatto facile. È faticoso, ma la gavetta è la base di ogni formazione.  

Quanto territorio c’è nella tua pasticceria?
Cerco di metterne il più possibile nei miei dolci: la mandorla di Toritto, le arance del Gargano e il vino rosso autoctono da uva di Troia sono tra i miei ingredienti preferiti.

Quando crei un dolce a cosa ti ispiri?
Ogni volta che realizzo un dolce cerco di dedicarlo ad una persona. Può essere legato ad un ricordo di un viaggio o alla gente che incontro, mi lascio ispirare e lo trasformo in una mia creazione. 

L’arte plastica e il cake design: dov’è il confine tra pasticceria e virtuosismo estetico? 
Non c’è un confine ma è una sinergia. Un dolce deve essere bello e buono così come detta il grande maestro Iginio Massari.

La tua esperienza in TV ti ha dato la popolarità: ti ha cambiato anche la vita? 
Non sono cambiato, ho una vita normale. Questa popolarità mi ha permesso di farmi riconoscere come “professionista” e i miei concittadini lo hanno apprezzato moltissimo. Sono contento per questo. 

Cosa aveva Antonio Daloiso in più rispetto agli altri pasticcieri in gara per vincere?
Oltre alla mie capacità e abilità, sicuramente c’era tanta forza, impegno, determinazione e voglia di non mollare mai.  

La tv è una tappa o una meta?
La mia vita la vedo come una lunga scalinata e con questa avventura sono salito più in alto che nelle altre esperienze passate, ma non sono arrivato ad una meta. Quello che avverrà nel mio futuro non lo so ancora. Tutto può accadere. 

Iginio Massari, Luigi Biasetto, Leonardo Di Carlo, Roberto Rinaldini: un aggettivo per ognuno di loro 
Iginio Massari: determinato
Luigi Biasetto: comunicatore
Leonardo Di Carlo: empatico 
Roberto Rinaldini: rigoroso

Hai un modello di riferimento tra i maître pâtissier?
Iginio Massari è il maestro dei maestri, attento alle materie prime e alla continua ricerca della qualità e questo è un aspetto fondamentale anche del mio lavoro.

C’è differenza tra un cuoco e un pasticciere? E se si, qual è?
Il loro ruolo in cucina è altrettanto importante ma diverso. Il pasticcere ha un aspetto fondamentale. Ha il compito di chiudere un pranzo di una festa o di un momento particolare della vita, come ad esempio un matrimonio, con la sua preparazione. Quello che rimarrà alla fine è il ricordo del dolce che hai mangiato e deve essere sempre insuperabile.

Abbiamo oggi una scuola italiana dolciaria, a parte i dolci della tradizione regionale? 
L’Italia ha una grande storia di pasticceria, tra le migliori al mondo. Il primo, però, a codificare le ricette è stato il francese Caréme e la metà dei dolci inseriti nel suo libro di cucina erano tutti italiani. Se le nostre preparazioni non sono conosciute all’estero, quindi, è solo per una questione di marketing.

Ti piacerebbe lavorare in grande ristorante stellato anche all'estero?
E’ una esperienza che non ho ancora fatto ma, per ora, non è nei miei programmi.

Qual è il dolce che ha fatto innamorare tua moglie?
A mia moglie ho dedicato un dolce dal nome Mon Amour, al cioccolato e lampone.

ll vino: pensi mai agli abbinamenti quando crei un dolce?
Quando partecipo ad un concorso abbino sempre la mia creazione ad un vino dolce pugliese come il moscato di Trani o un buon primitivo dolce naturale e cerco di trovare un equilibrio gustativo tra tutti gli elementi che compongono il dolce e il vino.

Se dovessi venire in pasticceria che dolce mi racconterebbe di “Antonio”?
Sicuramente il dolce più richiesto e che mi identifica è “Africa”, ed è quello con cui ho vinto la competizione. È ispirato ad un viaggio di un amico in Africa e gli ingredienti sono tipicamente esotici: mango, cocco e ananas in equilibrio perfetto con gli italianissimi limoni di Sorrento e la regionale mandorla di Toritto. Cioccolato a chiudere il finale. 


Antonio Daloiso è un ragazzo grintoso e tenace, con tanta energia e determinazione per affermarsi nel mondo dell'alta pasticceria. 
Ha molta strada da percorrere con un futuro tutto da costruire, ma le basi le ha saldamente gettate e, d'ora in avanti, la sua crescita dipenderà solo dalla volontà di guardare avanti senza farsi sedurre dalla popolarità. È questo il mio augurio per il "più grande pasticcere" d'Italia.



Antonio Daloiso
Bar-Pasticceria
Via Indipendenza,16/c
Barletta


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