Gigetto, ristorante con cantina




Creare un ambiente in cui un ospite si senta desiderato e atteso, narrare i luoghi e affondare le radici nella cultura mettendo in scena il territorio, parlare della propria storia e accogliere tutti come se fosse casa nonostante i mille chilometri lontano da casa: è la sola formula che la famiglia Bortolini del ristorante Gigetto conosca.

Siamo nel cuore e nell'anima della Marca Trevigiana, un territorio fatto di arte, storia, paesaggi e buona tavola ed è qui che Luigi Bortolini ha trasformato l’antica locanda con stallo dei primi del ‘900, in uno dei ristoranti con cantina più prestigiosi della regione.
Genuinità e ambiente familiare insieme ad una cucina tutta territorio, intrigante e innovativa (come i funghi cotti a bassa temperatura e poi grigliati) sono il must sia dello chef Marco e Monica Bortolini, figli di Luigi che proseguono con passione e professionalità il lavoro in cucina e in sala.
Cacciagione, lumache, soppressa, asparagi, funghi, radicchio sono le materie prime locali lavorate nel rispetto del gusto e della tradizione.

Fiore all'occhiello del ristorante è la cantina: temperatura e umidità garantite da una lunga galleria scavata intorno ad un pozzo di acqua sorgiva. Più di 1600 etichette nazionali ed estere con una particolare attenzione anche ai distillati, la riconoscono come una delle più fornite e qualificate d’Italia.













Ristorante da Gigetto 
Via Alcide De Gasperi, 
531050 Miane (Treviso)


Pinot Nero Friuli Venezia Giulia, il felice equilibrio fra terroir e vitigno



Pinot Nero

Creatura bizzarra e complessa, vestita in gioventù di trasparenze rosate e rubino, si lascia attraversare nel calice da riflessi cristallini di luce.
Con eleganza e classe regala profumi delicati ma decisi di ribes, lampone, fragola e mirtilli, violetta e acqua di rosa e solo con l’evoluzione e con il tempo concede cuoio, sottobosco e spezie dolci, se il legno è stato accuratamente dosato.

L’acrobatico equilibrio giocato tra acidità, tannino e alcol rivela il carattere singolare e complesso di questo vino. Lo sanno gli esperti di tutto il mondo che da questo vitigno si ottengono o vini eccellenti (la Borgogna è un esempio) o vini mediocri.

Insomma, il pinot nero è il vitigno della sfida e del coraggio.

Sfida in vigna dal clima fresco con forti escursioni termiche perché la maturazione più lenta preserva acidità e aromi e coraggio in cantina con le pratiche misurate del legno che devono preservare i profumi freschi e delicati del vitigno.

In Friuli Venezia Giulia la sfida, nata già nel secolo scorso, continua oggi attraverso la “Rete d’Impresa Pinot Nero FVG” che lavora per unire alcune aziende produttrici che, seppur mantenendo espressioni diverse di pinot nero e una propria identità, ha l’obbiettivo comune della valorizzazione del vitigno, dell’attenzione al territorio e dell'aumento costante della produzione. 

Le zone coltivate dalla Rete sono: Friuli GraveFriuli CollioFriuli Colli Orientali. Terreni sassosi, argille, arenarie, marne, conformazione collinare, microclima favorevole e il talento dei produttori fanno di questa zona una delle più vocate d’Italia alla coltivazione del pinot nero.

Antico Borgo dei Colli, Antonutti, Castello di Spessa, Conte d’Attimis Maniago, Gori, Masùt da Rive, Jermann, Russolo, Zorzettig, queste le 9 aziende con 28 gli ettari vitati, 150 mila le bottiglie prodotte e una solida produzione in crescita. 


Wine Tasting 


L’incontro del 5 ottobre tra le aziende della Rete d'Impresa FVG e la stampa di settore ha permesso di valutare l'interpretazione stilistica di ogni singolo produttore  


Il Pinot Nero 2017 di Antonutti ha all’olfatto i lamponi e i ribes che si intrecciano con le note speziate di vaniglia e cannella, al gusto il suo tannino morbido e la decisa freschezza conferiscono personalità e carattere a questo vino.

Un colore rubino intenso, frutta matura, spezie misurate e, al gusto, il tannino più deciso e il ritorno di spezie identificano il Pinot Nero 2016 di Zorzettig 

Sorprendente è il Pinot Nero 2016 dell’azienda Antico Borgo dei Colli. Le sfumature purpuree e i riflessi di luce nel calice regalano luminosità. Intenso e fine il floreale di acqua di rose che rincorrere le fragoline di bosco, i mirtilli,  i lamponi e le spezie dolci. Tannino suadente e rotondo e tipico del vitigno. 

Conte d’Attimis Maniago. Il suo Pinot Nero 2017 ha color rubino intenso, decise note di frutta matura e spezie evolute, sul finale un delicato balsamico di eucalipto. Al gusto ritorna la frutta rossa e la freschezza in equilibrio con il tannino maturo. 


Gori ci propone un Pinot Nero del 2015 Nemas I° con la sua frutta rossa prematura. La sua spiccata acidità e il tannino deciso ne fanno un vino austero e rigoroso.  

Red Angel 2015 è il vino in degustazione della Azienda Agricola Jermann. E’ rubino con tenui ma luminose sfumature. Il ventaglio olfattivo è fine ed elegante e la frutta rossa dolce prevale sulla nota tipica speziata. Tannino vellutato e finale lungo con ritorni di frutta e vaniglia. 

Russolo con suo Grifo Nero 2015 stupisce per la sua energia. Brioso e moderno. I suoi profumi sono decisi e intensi. Frutta rossa come per intingere un cucchiaino in un vasetto di marmellata di more selvatiche e mirtilli e lieve sentore minerale sul fondo. Al gusto domina la nota fresca e sapida. 

Masùt da Rive Pinot Nero 2015. Rubino luminoso e deciso. Ha una sua propria identità territoriale con profumi che vanno dal fruttato, alle spezie fino allo smalto. Struttura e corpo caratterizzano il gusto. 

Il Pinot Nero 2015 Casanova del Castello di Spessa è rosso rubino intenso e luminoso, si intrecciano i profumi vivaci dei frutti di bosco con lo speziato dolce di cannella e vaniglia. Al gusto il ritorno di frutta e la morbidezza alcolica danno struttura al vino. 







www.pinotnerofvg.it



Gianluca Bisol, Private Cartizze






Gianluca Bisol, classe 1965, o meglio ancora, classe e basta.

Di lui parlano i suoi vini dalla personalità raffinata ed elegante ma nello stesso tempo rigorosa ed esigente.

La sua storia comincia nel lontano1542 a Cartizze.
Per casa una collina e per arredo le vigne di glera più belle del mondo.
In questo luogo nobile più di un palazzo cinquecentesco si producono le migliori bollicine di prosecco, il vino spumante che seduce e appassiona anche i palati più raffinati.

La conoscenza millenaria del terroir e del vitigno, sensibile al suolo e al microclima, ha consentito all’azienda Bisol di diversificare i vini in base alla tipologia del loro terroir roccioso, morenico, argilloso.
Il metodo di produzione tradizionale è quello dello charmat lungo che regala e preserva al vino gli eleganti aromi varietali della frutta fresca e croccante.


“Fatto in Italia” 

Il prosecco Bisol rappresenta più di altri un legame perfetto tra l’uomo e il paesaggio. Terreni scoscesi e impervi, viticoltura eroica e vendemmia manuale fanno dei vini Bisol un prodotto unico al mondo.

Singolare e insolito è l’assaggio del suo metodo classico Private Cartizze dosaggio zero:

Cielo notturno fitto di stelle brillanti. Esuberante per farsi ricordare a lungo. Inebria il minerale di pietra focaia, esalta la frutta candita, il miele e gli agrumi. Sapidità e potenza rendono la sua lunghezza infinita.  Riconoscibile tra mille.






Bisol 
Via Follo, 33, 31049 Santo Stefano, 
Valdobbiadene TV (Italia) 

sito web

Lievito 72, la quadratura delle pizze di Andrea Giordano



Quadrare il cerchio e le pizze?

Lo fa Andrea Giordano a Lievito 72, la pizzeria di Trani classificata tra le migliori d'Italia da 50 Top Pizza 2018.

Accoglienza e cortesia, ambiente confortevole e curato nei minimi dettagli come gli ingredienti usati e materia prima, quasi tutta aggiunta a fine cottura per mantenere il prodotto fragrante e inalterato.

L’Innovazione? Nella tecnica, nel lievito madre, nelle lunghe lievitazioni e nelle farine macinate a pietra. Le pizze sono classiche, come detta la tradizione, ma eccellenti e ricercate.
L'arte della panificazione ereditata dai genitori è la vera passione di Andrea che attraverso le sue pizze "squadrate" ci parla di territorio e di casa.

Entrée di benvenuto offerto agli ospiti : Pane al capocollo con olio extra vergine di oliva da cultivar Coratina.
Le nostre pizze: una "Napoli" saporita dal gusto deciso con alici pregiate e alta qualità degli ingredienti e "Mi ricorda una fattoria", pomodorino ciliegino fresco infornato, fior di latte a fermentazione naturale, cacioricotta 100% capra affinato in malto di birra, olio extravergine di oliva, origano.

Il dessert di ricotta e pistacchio ha chiuso la cena tra dolcezza e sapore d'estate.

Ci è rimasta una sola voglia : quella di ritornare prima possibile per assaggiare la sue pizze d'eccezione







Lievito 72
Piazza della repubblica (galleria Affatato, 33)
Trani
0883 953181

Dattilo, il paradosso calabrese di Caterina Ceraudo



     
Ci sono viaggi in cui parti ma non torni mai.

Viaggi in cui il colore azzurro polvere del mare rimane negli occhi e il profumo di liquirizia selvatica ti resta sulle mani per ore.
Siamo in Calabria, terra di approdo e di passaggio verso il resto del mondo, dove un tempo la civiltà era greca, e dove gli enodotti di terracotta e le lapidi di marmo in greco e latino testimoniano la cultura vinicola più antica del mondo. Siamo nei luoghi in cui il territorio è un patrimonio da tutelare e la grande tradizione del cibo viene tramandata di padre in figlio, fino ad approdare nella cucina del Dattilo.
Qui Roberto Ceraudo, patron del ristorante a Strongoli e sito nella sua tenuta, affiancato da Susy e Giuseppe, ha il privilegio di avere come chef sua figlia Caterina, celebrata dalla Guida Michelin come la migliore chef donna dell’anno 2017.

Caterina è una giovanissima guerriera, forte, tenace e coraggiosa: parlano per lei i suoi piatti dal gusto deciso e audace, vestiti di sapori concentrati che ricordano, non a caso, la frequentazione della training school di Niko Romito
Nel ristorante Dattilo ha ricreato un tempio del piacere dove la magia del cibo non si separa dall’amore che Caterina ha per gli ingredienti della sua regione. E’ questo il paradosso della sua cucina: un legame forte con il territorio e con la tradizione unito all'essenzialità e al minimalismo delle sue preparazioni.

Le sue ricette raffinate e accurate nei dettagli sono essenziali. I suoi piatti arrivano diretti al cuore e allo stomaco attraverso i profumi degli agrumi, dell'olio e dei pani sapienti di grani antichi che rimangono per sempre nella memoria.
Eccone, di seguito, alcune.


Rosso pomodoro
Il pomodoro candito rosso fiamma è un fuoco d'artificio a mezzanotte che illumina la mente. All’improvviso i confini tra ricordi e realtà diventano così labili da confondersi e ti ritrovi, come in una vertigine temporale, nella cucina dei nonni a fine agosto, quando il pomodoro si lavorava in casa e rimaneva nell’aria l’odore intenso della salsa appena passata, mentre  tutto intorno era tinto rosso sangue.



Tutto cambia per non cambiare nulla
Nei ravioli di melanzana affumicata Caterina fonde la cultura del cibo e la sua formazione, un eterno conflitto tra goùt ancien e metamorfosi estrema. Esplosivo il sapore del pomodoro che qui diventa un'acqua densa e appagante, da bere a cucchiaiate. L'affumicatura delle melanzane dà peso, sostanza e un piacevole ricordo dei camini in cui, un tempo, si cucinava. Senso estetico, sapore intenso del pomodoro, delicata affumicatura delle melanzane ed è Calabria tutto l'anno. 



Un'estate al mare
Il pescato fresco dei piatti di Caterina viene dal mare crotonese e da un fornitore di fiducia. Il suo Dentice, bergamotto, limo, pepe rosa e senape selvatica è una personale interpretazione di un'estate al mare. Sole a mezzogiorno, largo cappello di paglia e il mare lì, appena dopo le dune di sabbia e ginepro. Gli agrumi fanno il resto e la morbida carne del dentice si arrende alla cipolla e miele. Mare e terra si rincorrono in un piatto semplice e indimenticabile.




Fuoco e fiamme
Mousse bianca montata all’acqua, crumble alla liquirizia, aceto di lamponi e granita di frutti rossi.
Semplice nella descrizione, equilibrato e misurato ma in grado di sconvolgere il palato. La granita di frutti di bosco e l'aceto di lamponi giocano con la dolcezza suadente e misurata del cioccolato bianco (scossa termica e gioco di consistenze), il crumble di liquirizia completa il piatto e amplifica a dismisura il sapore.
Come si esce da questo cespuglio di more?




Finita la cena, lasciamo la strada di campagna verso casa. Colline morbide e sinuose alle spalle, mare azzurro polvere negli occhi e luoghi dove gli agrumi e gli ulivi si nutrono di sole e mare. Gli uomini lavorano la vite mentre il cielo di luglio brilla di stelle.

Ho ancora il profumo del pane nella mente e la Calabria di Caterina nel cuore. 
Da questo viaggio non tornerò mai. 



Il menù di Dattilo 

Sfogliatella di pasta phillo con caciocavallo podolico pomodorino, timo e crema di sardella
Panino al sesamo con tartare di gamberi, zucchine e maionese di pompelmo rosa
Dentice, bergamotto, limo, pepe rosa e senape selvatica
Lattuga su crema di baccalà
Raviolo di melanzana affumicata e pomodoro
Fusillone tiepido, basilico e alici arrosto
Spigola, emulsione di spigola e limone candito
Sorbetto di melissa e menta
Carrè di agnello con panatura alle erbe e portulaca
Mousse bianca montata all’acqua, crumble alla liquirizia, aceto di lamponi e granita di frutti rossi



  
Emulsione di olio con pane integrale senatore cappelli, pane con grano verna, rubeum, maiorca

Panino al sesamo con tartare di gamberi zucchine e maionese di pompelmo rosa

  Fusillone tiepido, basilico e polvere di alici arrosto

Spigola, emulsione di spigola e limone candito



Sorbetto di melissa e menta




Carrè di agnello con panatura alle erbe e portulaca





Azienda Agricola Ceraudo Contrada Dattilo, 88816 Strongoli (KR)(+39) 0962 865613


Foto di A. Tomacelli 


Niko Romito, pane nostrum





Spezzò il pane
lo diede ai suoi discepoli
e disse: prendete e mangiatene tutti

Il pane ha una storia sacrale di fame, di fede, di gesti e di trasformazione dal grano raccolto d'estate fino all'impasto che mani sapienti trasformano in un cibo ancestrale.
Pancotto, panpepato, panzanella, pane e zucchero, il pane è un rito inciso con il segno della croce, riciclato, condito, inzuppato, grigliato e mai tagliato ma spezzato. 

E’ un alimento che si trova sulla tavola di ogni casa ed è il racconto e il sigillo della cultura gastronomica di ogni singola regione italiana.
Niko Romito lo eleva a portata del pranzo e ad ingrediente principale: un solo tipo di pane al centro della sua scena culinaria.

E così, attraverso il pane, si stabilisce un’interazione tra il territorio Abruzzo, il pane e chi cucina, un ponte tra il passato, il presente e il futuro della gastronomia italiana.  




Il pane, il vino

Il pane come portata unica nel menù degustazione del Reale e come protagonista del primo piatto presentato in occasione dell’evento che ha celebrato i 50 anni del consorzio del Montepulciano d'Abruzzo. Con una azzardo concesso alla genialità: il vino senza cottura nel piatto. Cosa rappresentano per te il pane e il vino?
Il pane e il vino sono due alimenti essenziali, alla base della nostra alimentazione da millenni. Nell'antichità il vino era considerato addirittura un alimento, e in effetti lo eraE, se pensiamo al rito cristiano dell'eucarestia, il pane e il vino sono elementi altamente simbolici. In Abruzzo abbiamo delle materie prime eccellenti, sia per fare il vino che per fare il pane. Tutti sanno quanto amo il pane: dopo anni di studio nel 2015 l'ho inserito nel menu degustazione del Reale come portata unica, nel 2016 ho creato un laboratorio di panificazione interno a Casadonna, e a breve inaugurerò un panificio proprio a Castel di Sangro, che rifornirà tutti i miei ristoranti e altri strettamente selezionati in Italia e non solo. Forse però non tutti sanno che a Casadonna produciamo anche vino: con la collaborazione di Feudo Antico abbiamo impiantato il primo vitigno di Pecorino in altura (siamo a 860 mslm) e i risultati sono stati eccezionali: quest'anno abbiamo vinto i Tre Bicchieri del Gambero Rosso e il premio Tastevin dell'AIS. 

La formazione

Molti chef e cuochi italiani sono costretti a lavorare all’estero dove si trovano a dover gestire cucine e ingredienti che di italiano hanno ben poco. La tua scuola ha un progetto per tutelare la cucina italiana e i suoi prodotti all’estero? In che modo?
Mi affascina l’idea di creare un mio codice della grande cucina italiana contemporanea, capace di arrivare senza compromessi anche molto lontano.
Quando Bvlgari mi ha proposto di firmare la cucina del Ristorante dei nuovi hotel di Pechino, Dubai e Shanghai, ho pensato che mi si presentava l’occasione di portare nel lusso la mia filosofia fatta di semplicità. I menu, salvo poche eccezioni (ad esempio dove esistono vincoli alimentari legati alla religione), saranno gli stessi ovunque. Non abbiamo accettato compromessi per adattarci al contesto: lo spaghetto si mangia così, l’acidità del pomodoro è quella. Chi va all’Hotel Bvlgari e mangia al Ristorante Niko Romito, in Cina, a Dubai o in qualunque altra parte del mondo, potrà uscire con la sensazione di aver visitato il nostro paese, anche se non c’è stato mai.
A scuola (l'Accademia Niko Romito) insegniamo una cucina italiana autentica, che parte dalla tradizione con le varianti regionali per poi approdare alla mia filosofia odierna. È la stessa cucina che serviamo da Spazio, rete di ristoranti-laboratorio nati a partire dalla scuola di formazione e ora evolutosi in un format autonomo, che oggi è presente in Italia (a Milano, Roma e Rivisondoli) ma a breve si espanderà in altre 7 città del mondo.  

Semplicità concentrata

I tuoi piatti arrivano sulla tavola e sono apparentemente semplici: netti, puliti, ordinati ma sappiamo bene quanto lavoro, fatica e creatività c’è per ottenere la concentrazione dei sapori di una ricetta come il "gel di vitello, porcini, tartufo e mandorle". Ma dopo tutti questi passaggi, cosa conservano della tradizione?
La mia cucina si basa su alcuni concetti chiave: semplicità, equilibrio, bilanciamento, leggerezza, ampiamente descritti nel libro "Dieci lezioni di cucina" che rappresenta in un certo senso il mio manifesto culturale. È contemporanea ma affonda le sue radici nel passato, reinterpretando in maniera nuova la nostra tradizione culinaria. Questo è particolarmente evidente nella cucina di Spazio, ma lo è anche per alcuni piatti del Reale e soprattutto nel format elaborato per Bvlgari. Negli anni ho sempre continuato a studiare e fare ricerca: se penso al passato, vedo che questi principi sono rimasti invariati, ma si è aggiunto in maniera importante il tema della salute, altro elemento chiave della cucina italiana e mediterranea in genere.

Genio e regolatezza

Quando si entra nella definizione di un vocabolario come Treccani con un piatto come l’Assoluto o sui banchi di scuola come materia di studio come ci si sente? Condottiero o profeta ?
Vivo e lavoro da sempre in Abruzzo, dove all’inizio ho sviluppato la mia cucina in quasi totale isolamento. Anche se non è stato facile, ho sempre creduto nelle potenzialità di questa regione e in una modalità di lavoro che non fosse influenzata dall’esterno quanto piuttosto concentrata sul mio territorio, sulla mia identità. All’inizio, quando in pochi credevano nel mio progetto, forse sì, sono stato un po’ profeta.
Oggi, grazie alla mia scuola di cucina mi sento piuttosto un condottiero, che ha il privilegio di insegnare a tanti giovani il mestiere del cuoco. Finora abbiamo formato più di 200 allievi, per me è un’esperienza bellissima. 


Come in cielo, cosi in terra.  







Pane, vino montepulciano, agnello e pollo: pane bagnato in un fondo di agnello con fegatini di pollo, montepulciano d'Abruzzo, olio extravergine d'oliva e polvere d'oro.


Pancetta, vino montepulciano e cipolle: pancetta fondente con cipolle, pomodoro secco e montepulciano d'Abruzzo.


Campania Stories 2018 tra vino, vicoli e vulcano




Campania Stories 2018 

Raccontare dei vini campani è come scrivere una poesia. Un sorso di quei vini ricorda le strade trafficate di Spaccanapoli inebriate dal profumo di babà al rum, pizza e sfogliatelle, le rilassanti colline del beneventano, il magico spettacolo del Vesuvio, le eroiche vigne dell’isola d’Ischia o l’eleganza nobiliare della Reggia di Caserta. 

Specchio della sua regione il vino campano si celebra nell’appuntamento dell’anno: Campania Stories
La singolare manifestazione permette di svolgere, grazie ad una organizzazione competente e professionale, un tasting dedicato e completo delle aziende presenti sul territorio, da quelle storiche fino alle nuove nate.

La Campania, con le sue numerose Dop e Igp, interpreta l’anima della regione enologica e, più nello specifico, e penetra il cuore del territorio, descrivendo così l’intero panorama vitivinicolo campano. 

Proverbiale l’ospitalità partenopea a Palazzo Caracciolo, autorevole e storica residenza ottocentesca, nel cuore di Napoli, che ha accolto stampa e appassionati provenienti da tutto il mondo nei giorni dell’evento. 




Wine Tasting 

Descrivere l’enologia campana attraverso l’assaggio dei suoi vini è complesso ma interessante. Se si pensa che il territorio si estende dal massiccio e vulcanico Massico alla piana sorrentina si può immaginare la diversità della composizione del terreno, del microclima e dei vitigni stessi e per finire alla variabile dell’andamento stagionale che può rendere difficile la comprensione delle singole annate.
Più facile è citare solo le 5 macroaree che compongono il panorama vitivinicolo campano dividendolo in province:

Caserta con l’Alto Casertano, le Colline Caiatine -Terre del Volturno

Benevento con il Sannio

Avellino con l’Irpinia

Napoli con i Campi Flegrei, le Isole, Vesuvio e la Penisola Sorrentina

Salerno con la Costiera Amalfitana, Colli Salernitani e Picentinti e il Cilento 


Tra i miei assaggi

Polveri della Scarrupata, Terre del Volturno Bianco Igp 2016 - Nanni Copè
Fiano 85%, Asprinio 12%, Pallagrello bianco 3% - vol.13 % 
Identità campana espressa tutta in questo tipico blend. Gli autoctoni asprinio e pallagrello bianco danno verve al nobile fiano. Gli agrumi e il biancospino creano armonia con il fondo minerale mentre al gusto è decisamente sapido con un ritorno di pompelmo e di pesca bianca che chiudono in un finale lungo morbido ed equilibrato.


Fiano di Avellino, Fiano di Avellino 2017 Dop - Colli di Lapio
Fiano 100 % vol. 13.50 
Riconoscibilità. La zona classica ospita le vigne di un fiano con una forte personalità. E’ estate luminosa e profumata di fiori bianchi, cesti di pesche, nocciole ed erbe aromatiche. Calibrata al gusto è la nota sapida intrecciata da ritorni fruttati e floreali che si distendono lunghi ed equilibrati.


Pietracalda, Fiano di Avellino 2017 Dop - Feudi di San Gregorio
Fiano 100 % - vol. 13% 
Uve selezionate e batonage ne fanno un vino complesso. Affiorano subito ricordi di passeggiate tra campi di camomilla e fiori gialli. La sua aromaticità è agrumata e delicata. Succosa frutta dolce. Al gusto freschezza e mineralità bilanciano la lunga morbidezza.


Greco di Tufo, Greco di Tufo Dop 2017 - Villa Raiano
Greco 100% - vol. 13% 
Greco della zona classica e più vitata. L’onestà e la sua qualità migliore. All’olfatto netto è il fruttato di mela verde, pesca acerba, agrumi e mandorla verde. La mineralità racconta questo greco di Tufo assieme alla sua freschezza e sapidità gustativa. Chiusura equilibrata e balsamica.


Falerno Rosso, Falerno del Massico Rosso Dop 2013 - Villa Matilde
Aglianico e piccola percentuale di Piedirosso - vol. 13.50 % 
Vino antico quanto sorprendente. Esperienza e lavoro duro fanno di questo vino un esempio didattico. Frutta rossa matura, spezie dolci e tabacco arrivano decisi all’olfatto. Poi al sorso l’acidità e il tannino in equilibrio e il ritorno gradevole delle spezie lo restituiscono corretto e sincero.


Nero Né, Taurasi Dop 2013 - Il cancelliere
Aglianico 100% - vol. 14% 
Il Nero Nè è un esempio che i tannini scalpitanti del maschio aglianico si possono educare quando a placare la loro esuberanza è il tempo e la sosta in botti di slavonia. Arricchito di marmellata di prugna e ciliegie, di vaniglia, tabacco dolce e di cioccolato arriva in bottiglia dove al gusto si ritrova una piacevole sensazione tattile tra freschezza, tannicità e il suo tenore alcolico. Finale persistente.


Feudi Studi Candriano, Taurasi Dop 2013 - Feudi di San Gregorio
Aglianico 100% - vol. 14%
La linea Studi di Feudi riserva un aglianico di tutto rispetto. La peculiarità di questo vino è la sua persistenza sia nei profumi che al gusto. Equilibrio e tannino morbido svelano un lungo e selettivo lavoro in campo e in cantina. Non ci si improvvisa viticoltori, questo vitigno e questo vino lo dimostrano appieno.


Hamilton Riserva, Taurasi Riserva Dop 2008 - Di Meo
Aglianico 100% - vol.13.50 % 
Solo per chi sa attendere: è un vino fatto di tempo, lento e sicuro. La personalità esuberante della riserva, che dimora 4 lunghi anni tra capienti botti di legno e affinamento in bottiglia, eccede in confettura di prugne, ciliegie, fichi e carruba. Evoluto e maturo con un bouquet di rose e viole secche intrecciato con la vaniglia, cannella e pepe nero. Robusto ed equilibrato. Chiusura lunga e finale con ritorni di confettura di frutta rossa.






Fabio Tammaro e l’Officina dei Sapori, il mare per passione


Lo chef Fabio Tammaro, patron del ristorante “Officina dei Sapori” a Verona, prepara ricette a base di passione mare, e svelerà per noi i segreti, le cotture e le peculiarità di alcuni dei pesci che abitualmente arrivano dal mare sulle nostre tavole e i modi più idonei per cuocerli e prepararli. Ricerca, lavoro e studio sono per lui costante e quotidiana abitudine insieme al rispetto della materia prima, dell’ecosistema marino, del pescato fresco e di quello certificato che rappresentano per Fabio Tammaro e il suo team il vero punto di forza della loro ristorazione.
Lo chef con il mare dentro ci racconta con le sue ricette narrative della ricciola, del pesce spada e del pesce San Pietro. 



La ricciola 

Il suo nome scientifico Serriola Dumerili.  E’ un pesce pelagico (migratore) che si accresce con una sorprendente velocità. Carne pregiata seconda solo al tonno rosso, in soli sei mesi può raggiungere il peso di 600 grammi e in età adulta può anche superare i 70 chilogrammi a differenza di un branzino che dopo 18 mesi pesa solo 250 grammi.
Nei suoi primi 3 anni di vita divora voracemente una grande quantità di pesci e crostacei per raggiungere al meglio il pieno sviluppo sessuale (3 anni e 8 kg di peso). Successivamente la sua crescita si stabilizza ad una media di 1 kg anno. Capite perché quando mi arrivano esemplari da 40 kg io rimango immobile ad accarezzarli? Coetanei.
La ricciola è chiamata anche la regina dei mari per la sua maestria e il suo fascino e non si può allevare per via della sua natura migratoria, infatti è un pesce da mezz'acqua, furbo, intelligente, aggressivo e molto veloce. Chiedete ad qualsiasi pescatore professionista quale è il pesce più combattente di tutti da tirare su: la ricciola naturalmente!
I suoi valori nutrizionali sono rilevanti. Ricco di grassi insaturi Omega-3 e proteine. Ha un apporto calorico moderato e si presta ad essere consumato nelle diete ipocaloriche.

In cucina
Anche se lo annoveriamo tra i pesci azzurri le sue carni sono di pregio e saporite. In cucina l’uso è svariato e dipende dal taglio che realizziamo: carpaccio, tartare, fette più spesse alla piastra o in padella. Abbattuto viene utilizzato per sushi e sashimi.

Ricciola scottata, melanzana al barbeque e salsa pizzaiola cruda
La ricciola è un pesce da corsa e, come quasi tutti i pesci da corsa, soffre le cotture lunghe. La sua carne è chiara e molto compatta, gustosa e succulenta. In questa ricetta vi consiglio di adoperare tranci spessi almeno 2 cm in modo da ottenere un pesce sempre morbido e non secco. Quindi in una padella unta rovente (l' ideale sarebbe di ferro) andremo a scottare su entrambi i lati i tranci di ricciola, non oltre i 3 minuti per lato. Viene da se che bisogna adoperare un prodotto di alta qualità, come giusto che sia. Una volta scottati i tranci li lasceremo riposare almeno 2 minuti in un piattino in modo da permettergli la fuoriuscita dei succhi esattamente come si fa per la carne. Accompagneremo i tranci con una melanzana al barbeque ottenuta in questo modo: le melanzane vanno sciacquate, asciugate ed unte di olio, successivamente vanno bruciate su dei carboni fino a quando la buccia non sarà carbonizzata. Se non si dispone di un barbeque si può replicare questa operazione o su una griglia di ghisa o nel forno nel massimo della sua potenza. Una volta abbrustolite vanno svuotate con un cucchiaio e condite con olio, aglio, prezzemolo e sale. Otterremo una polpa chiara, affumicata, piccante e gustosa. Per finire il piatto adoperiamo una salsa pizzaiola ottenuta a freddo. Per la salsa basta frullare dei pomodori Marinda con olio evo, uno spicchio d' aglio, qualche fogliolina di origano fresco e di timo fresco, sale. Otterremo una specie di maionese di pomodoro (la buccia del pomodoro monterà a contatto con l' olio). Quindi basta versare la crema ottenuta sul fondo del piatto, adagiare il cuore di melanzana ed infine i tranci di ricciola morbidi. 
Per 4 persone occorrerà un trancio di 600 gr di ricciola (spellato e spinato), 3 melanzane grandi e 6 pomodori Marinda; oltre all' olio evo, gli spicchi d' aglio, l' origano e il timo fresco.



Il pesce spada

È tra gli animali più fieri e aggressivi in natura. La sua combattività è documentata da vari caso di navi addirittura perforate. 
È comprensibile che nel rapporto tra l'uomo e questo animale si instauri una vera e propria sfida di precisione, soprattutto psicologica poiché sulla forza fisica il pesce non avrebbe nulla da invidiare a nessuno.  La pesca del pesce spada è tra gli atti più incredibili che avvengono nel mondo animale: un misto tra crudeltà, furbizia, istinto e amore. Il pesce spada è monogamo e sceglie una compagna per tutta la vita e così i pescatori, invece di puntare il possente maschio mirano la femmina. Per salvare la sua amata cade nella trappola e finisce preda nella rete dei pescatori più audaci.
Il pesce spada nella fase di sviluppo subisce cambiamenti morfologici drastici che interessano in particolare la forma del corpo, della spada e specialmente delle pinne (anali, dorsali e caudali).  L'animale è provvisto di una poderosa muscolatura  è infatti in grado di nuotare fino a 60km/h, anche verticalmente, senza risentire degli sbalzi di temperatura e pressione. 
Per quel che riguarda i valori nutrizionali come tutti i pesci azzurri ha la presenza di apporto proteico, vitaminico, di sali minerali e omega3.  Necessario per una alimentazione sana e equilibrata, il pesce spada va introdotto in qualsiasi tipo di dieta e nutrizione.

Ricordiamo inoltre che una delle frodi alimentari più comuni, soprattutto nel periodo estivo e nelle località turistiche, è la vendita di squalo smeriglio spacciato per pesce spada. Attenzione dunque perchè le carni dello smeriglio presentano un colore più scuro rispetto al pesce spada e la colonna vertebrale dello squalo è costituita da tessuto cartilagineo e al centro del trancio non troveremo una parte di colonna vertebrale dura ma abbastanza morbida al tatto. 

In cucina 
Le modalità di cottura e le ricette sono numerose e tipiche della nostra gastronomia mediterranea. E' tra i pesci più magri e facili da cucinare: alla griglia, in umido, al forno.

Pesce spada al salmoriglio su insalatina di finocchi
Il pesce spada ve lo propongo in maniera semplicissima perchè il pesce romantico va gustato nella sua totale semplicità. La carne bianchissima infatti è molto delicata, nonostante il retrogusto da pesce azzurro. Come per la ricciola, anche il pesce spada essendo un pesce "da corsa" soffre le cotture lunghe. 
Lo abbineremo al salmoriglio, una salsa antichissima, di epoca romana, molto nota in Sicilia e in Calabria, che viene utilizzata per condire solitamente carni o pesci alla griglia. La ricetta tradizionale prevede di mescolare olio d'oliva unitamente a spicchi d'aglio, abbondante origano e succo di limone, basilico, prezzemolo, peperoncino piccante verde fresco che conferisce al salmoriglio un aroma particolare. Il pesce spada, una volta grigliato violentemente su entrambi i lati (massimo 2 minuti per lato con fette alte almeno 2 cm) viene tuffato nel salmoriglio, precedentemente frullato. Dovrà marinare circa 10 minuti in modo da assorbirne tutti i profumi; dopo andrà scolato e tagliato a fettine sottili. Lo adageremo su una semplice insalata di finocchi che condiremo con olio evo, succo di arancia, spicchi di arancia e lo stesso finocchietto. Vi consiglio di affettare i finocchi finemente con una mandolina e lasciarli in acqua e ghiaccio per almeno 1 ora, prima di scolarli e condirli. In questo modo avrete un insalata croccantissima, che servirete da base al pesce spada. Il piatto si conclude con un abbondante cucchiaio di salmoriglio. 
Per 4 persone occorrerà circa 700 gr di pesce spada, 4 finocchi piccoli (sono i più teneri), 2 arance, 2 limoni, aglio e odori del mediterraneo. Di veloce realizzazione e di grandissimo effetto.



Il pesce San Pietro

Esiste una "terra di mezzo" tra sacro e profano, tra legenda e realtà, tra mistero e scienza. Questa "terra di mezzo" é bagnata da un meraviglioso mare, dove sicuramente primeggia questo magnifico esemplare ittico.  Il nome scientifico é già una bella premessa: Zeus Faber. Il nome popolare non é da meno: San Pietro.  Vive nelle acque di tutto il Mondo, comunissimo anche nel nostro Mediterraneo non oltre i 400 metri di profondità con fondale sabbioso.
Il corpo elissoidale, la bocca grande che si trasforma in tubo, gli occhi grandi e le spine dorsali lunghe e rigide che ricoprono testa e dorso potrebbero sembrare le caratteristiche principali di questo esemplare. Ma non é cosi. 
E' un pesce leggendario.
Si narra che un giorno, sulle rive della Galilea, Pietro, l' apostolo di Gesù di Nazareth nonchè pescatore, fu fermato da alcuni soldati romani che presero a schernirlo. Il pescatore allora mise una mano nell'acqua e ne tirò fuori un pesce, che liberò subito dopo aver sputato una moneta d' oro. Da quel giorno, per gratitudine, il pesce reca, su ognuno dei suoi fianchi, la sua impronta digitale.
La sua meravigliosa carne bianca colloca questo pesce tra i più apprezzati sulla riviera Adriatica e Tirrena.

In cucina 
Magro e con poche lische, si presta a tantissime preparazioni. La sua carne è tenera e saporita. All'acqua pazza, in cartoccio, in padella sono alcune delle ricette consigliate per la sua cottura.

San Pietro in brodetto di zafferano
Completamente differente dai due pesci sopra citati, il San Pietro è il classico pesce da zuppa che non teme alcuna cottura: fritto, in tegame, al forno, in brodo o in umido. Una carne bianca e spettacolare che ci permette più elasticità nelle preparazioni, senza l' obbligo delle cotture cronometrate. Ve lo propongo semplice, in un intingolo profumato allo zafferano. Come tanti pesci da zuppa anche il San Pietro ha tanto scarto (circa il 70% del suo peso) dovuto alla possente testa. Quindi dobbiamo assolutamente sfruttare tutto. Il pesce va eviscerato e sfilettato. Le carcasse (testa e lische) andranno in una capiente marmitta (pentola stretta ed alta) nella quale aggiungeremo una costa di sedano, 2 spicchi d' aglio, 1 patata, 1 cipolla tagliata a metà, qualche gambo di prezzemolo e di basilico. A coprire tutto acqua fredda, ancor meglio se con ghiaccio, per permettere un estrazione del sapore lenta.  Fiamma altissima e, appena prende bollore, fiamma dolce per soli 30 minuti. Dopo si setaccia tutto lasciando il liquido in un pentolino. A questo punto aggiungiamo un paio di pistilli di zafferano e lasciamo che il fiore scarichi il suo colore e il suo particolare profumo. In una pentola calda e oliata, ci scottiamo i filetti di San Pietro, prima dal lato della pelle per 3 minuti (non ha squame ma una pelle argentata) poi da quella della carne per altri 2 minuti. Allontaniamo dalla fiamma, aggiungiamo un mestolo di brodo filtrato allo zafferano e copriamo. In questo modo continuerà la cottura lentamente e in 5 minuti è pronto. Lo serviremo in un piatto fondo con i filetti al centro, il brodetto a coprire e qualche crostino di pane all'aglio e peperoncino a chiudere. Piatto leggero, gustoso e consistente. 
Per 4 persone ci vuole un San Pietro da almeno 800 gr oppure 2 da 500 gr, oltre ai pistilli di zafferano, e tutti i profumi dell' orto.


Sito web


Fabio Tammaro, con tutto il mare possibile





Chi ama il mare sarà sempre libero” detta in ogni porto il motto della Lega Navale Italiana, ma anche:
“Chi nasce in una città di mare ha l’estate nella vita tutto l’anno” e ovunque tu vada ti porti dentro l’odore delle alghe spiaggiate, il sapore del sale e la sabbia tra le dita.
C’è un cuoco a Verona con il mare dentro che si è portato al nord tutto il mare del sud fatto di reti, pescatori, canne da pesca e di riti segreti in fondo al mare.
Il suo nome è Fabio Tammaro, chef affermato e noto agli intenditori e appassionati di mare in ogni declinazione. Nel suo ristorante, Officina dei Sapori, prepara ricette a base di passione mare, con un occhio fusion alla cucina nipponica e dichiara che dopo la cucina molecolare, la destrutturazione dei piatti c’è bisogno di un ritorno alla semplicità.
Dopo questa breve intervista, ci svelerà i segreti, le cotture e le peculiarità di alcuni dei pesci che abitualmente arrivano dal mare sulle nostre tavole e i modi più idonei per cuocerli e prepararli.

Seguiteci sin d’ora.
ricette

Esportare al nord un modello di ristorazione che al sud è largamente diffuso è stata la chiave vincente del tuo successo. Cos'ha il tuo ristorante che le altre cucine a base di pesce non hanno? Spiegami perchè dovrei sedermi alla tavola dell’Officina dei Sapori di Fabio Tammaro? 
Io penso che Verona sia una meravigliosa città che offre ai gourmet diverse proposte, ognuna sincera alla tipologia del locale che la propone. L’Officina dei Sapori ha nel suo DNA proprio questo, la sincerità dell’offerta.  Quando ci si siede al nostro tavolo e si apre il menù, si trova una breve introduzione su quali pesci trattiamo, come li trattiamo e con quale etica. Per noi è di fondamentale importanza trasmettere tanto la nostra passione quanto la sincerità dell’offerta, mettendo sempre il mare al centro di ogni cosa, con i suoi pro e i suoi contro. Fare comunicazione oggi è fondamentale e siamo felicissimi di essere apprezzati anche per questo.

Come hanno accolto i veronesi questo tuo progetto? 
Sono molto felice di aver acquisito nel tempo la fiducia di molti veronesi. Inizialmente ci sono state non poche difficoltà: la ristorazione che proponiamo è a “senso unico”, facciamo solo pesce di mare pescato e trattiamo solo pesci fuori dalla solita filiera commerciale.  Da noi non troverei mai salmoni, branzini, orate e anelli di totano per intenderci. Lavoriamo solo pesci “di stagione” ed esemplari che hanno superato l’età adolescenziale per permettere la riproduzione della specie. La soddisfazione più grande, il gesto di fiducia più apprezzato, è sicuramente la reazione dei veronesi al nostro crudo di mare. Nel 2010, quando iniziammo, veniva scelto un piatto su cinque di crudo; oggi viaggiamo a circa due piatti su tre.  Per noi è una grandissima gioia, nonché responsabilità.

Si legge ovunque la tua attenzione scrupolosa per la scelta della materia prima, della tutela dell’ambiente, zero sprechi e tracciabilità del pescato che cucini. E’ questa, dunque, la base da cui partire per la nuova impresa di ristorazione o pensi sia solo frutto di una tua lodevole iniziativa?
Sinceramente non mi sono mai posto questa domanda, ho sempre agito seguendo il mio unico modo di saper fare ristorazione, perché in fondo è quello che ho sempre voluto. Nell’epoca veloce nella quale viviamo, dove abbiamo tutto a portata di smartphone, è un controsenso che ci sia tanta disinformazione, soprattutto su ciò che mangiamo. Spesso al ristorante, ma anche nei vari corsi di cucina che faccio, dedico sempre molto tempo alla teoria. Sapere cosa si sta ingerendo è fondamentale in questa realtà anestetizzata e dipendente solo dal risultato finale. Non si può cucinare se non si sa cosa si sta preparando, la sua storia, la sua origine, come è arrivato a noi quel prodotto. Il cuoco non è altro un artigiano al servizio di madre natura. Ad esempio: quante persone sono a conoscenza che in Italia sono riconosciute pescabili ben oltre 350 specie di pesce? Eppure sui banchi ittici ne troviamo sempre le stesse 20, metà delle quali importate da allevamenti esteri.
Bisogna far appassionare i consumatori alla materia prima, al cibo prima che ai piatti finali. Essere ciò che si mangia non è solo un detto, è pura realtà.

Da dove arriva questa tua esperienza sui prodotti del mare? Sei stato pescatore o cosa? 
Quando nasci tra il canto dei gabbiani a pochi metri dal porto, difficilmente resti impassibile al mare. Per noi gente di mare, il mare è come una persona di famiglia. Quando ci allontaniamo è come non vedere più un parente caro.  La mia passione per il mare la devo esclusivamente a mio padre; lui mi ha insegnato a stare in acqua, sull’acqua e nell’acqua, mi ha insegnato a remare, a manovrare le barche e a pescare. Siamo entrambi pescatori amatoriali, diciamo che amiamo perdere ore ed ore a largo, in silenzio, tirando su piccoli pesci da frittura o da zuppa. Mi ha insegnato la cosa più preziosa al mondo: il rispetto verso il mare ed ogni suo abitante. Il resto l’ha fatto la città dove ho vissuto, Torre Annunziata, con le sue reti e i suoi pescatori.  Per me mare vuol dire casa

Cosa ti manca di Torre Annunziata e della Campania? Ci torni spesso? 
Il rapporto che ho avuto con la mia città è stato di odio e amore, come tutte le storie di amore. Una città che mi appariva grande da adolescente e minuscola da ragazzo, che mi stava stretta nonostante avessi sempre l’orizzonte davanti a me. Credo che essere andato via a 20 anni sia stato fondamentale per la mia formazione professionale ed umana; è stato un po’ come allontanarsi per mettere meglio a fuoco la situazione. Mi manca la salsedine, i suono dei gabbiani, il mercato del pesce, i venditori ambulanti, l’aria che profuma di pizza e i tanti rapporti cuciti in 20 anni di vita. Mi mancano sicuramente i miei cari. Avendo un’attività da gestire è sempre difficile liberarmi ed andare giù, ma mi sono promesso di tornarci almeno 2 volte l’anno, se non altro per abbracciare i miei cari. E poi devo ricaricarmi di salsedine...sembra poco.

La carta dei vini del tuo ristorante ha pochissimi vini campani che, con la cucina di pesce, andrebbero benissimo. Perché una scelta così penalizzante? 
La stessa etica, ricerca e selezione che usiamo in cucina la utilizziamo anche per la carta dei vini e per i distillati. La nostra carta vini è frutto di diverse collaborazioni con i nostri amici vignaioli; con ognuno di essi ho un rapporto diretto ed ognuno utilizza tecniche di coltivazioni rispettose verso la natura e la vite. In Campania ho solo poche referenze che ricoprono quattro zone completamente differenti, dalla costa all’entroterra, dal napoletano al salernitano, passando per le svariate province di Caserta, Avellino e Benevento. Ma quello che è davvero interessante sono le storie uniche di questi territori meravigliosi, lavorati secondo tecniche che tutelano la pianta e l’uva. Viticolture eroiche, alcune ultracentenari, basate spesso sul recupero di viti antichissime che l’Unità d’Italia aveva minacciato (Vittorio Emanuele II ordinò la distruzione di alcuni vitigni nell’ entroterra campano per far emigrare i braccianti nelle fabbriche del Nord). Il ristoratore resta pur sempre un selezionatore di prodotti, non un supermercato che deve avere a tutti i costi mille prodotti simili.

Cosa ne pensi dell’influenza orientale sulla cucina italiana?
L’Oriente vanta una grandissima tradizione culinaria, una vera e propria cultura del cibo e della tavola, ben distante dalle false imitazioni che troviamo spesso in giro in Occidente.
Noi possiamo vantare prodotti unici e una varietà infinita di vegetali, di pesci e di carni, ma in compenso loro vantano tecniche di cottura e di conservazioni uniche al mondo, tra le più salutari; non a caso da una recente ricerca sulla qualità della vita, le isole di Okinawa in Giappone detengono il primo posto per qualità dell’ aria, dell’acqua e della terra (vantando ben 40 ultra centenari).
Mi sono avvicinato al mondo orientale inizialmente per puro spirito di curiosità, ultimamente anche grazie al mio sous-chef, Andrea Berti, grande amante del mondo nipponico e della cultura culinaria giapponese, tanto da vantare prestigiose collaborazioni europee (Nobu di Londra). Non a caso si è sposato con una giapponese di Hokkaido ed è sempre aggiornato sul mondo orientale.
Insieme studiamo e proviamo cose nuove, abbinamenti inusuali, sfruttando la materia prima del Mare Nostrum, i profumi del bacino Mediterraneo e le tecniche di conservazione, marinatura, fermentazione e cottura nipponiche.
Questo è l’ennesimo esempio di come la cucina sia sempre comunicazione e scambio di esperienze, anche da mondi apparentemente così lontani.
E soprattutto la cucina è unione, mai divisione.




Vino e Innovazione Tecnologica

La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente. (A. de Saint...