Ormai in ogni dove si organizzano corsi di avvicinamento al vino e sempre più con interesse e curiosità sono frequentati da numerose donne (viva Dio!).
E’ per questo amici che voglio darvi alcuni consigli pratici
su come il vino può trasformarvi in autentici latin lover.
Una volta conosciuta la donzella invitatela a cena in un
locale con una buona carta dei vini. All’ingresso nella sala cominciate a
guardare i tavoli (che molto probabilmente avranno bottiglie importanti) con
sufficienza e con quell’aria snob che contraddistingue chi di vino ne conosce
bene.
Dopo aver consultato la carta alzate la mano in direzione
del sommelier ed ordinate quel vino che l’ultima volta che è stato richiesto
c’erano ancora i sesterzi.
Più sconosciuto è, meglio è.
RICORDATE amici: voi
non bevete etichette, avete già superato quella fase della vostra
formazione.
E ora arriva il bello. Consiglio vivamente di imparare
queste frasi a memoria tenendo bene a mente che in futuro non avrete una
seconda possibilità per sembrare dei fenomeni.
Quando vi verseranno il vino per farvelo assaggiare, la
vostra compagna, essendo nella fase di studio lo osserverà cercando di capire
se il rosso è rubino o porpora e se c’è già l’unghia evoluta.
Voi con estrema non calanche fate un sospiro, guardatela
negli occhi poi volgete lo sguardo verso il sommelier esclamando: un bellissimo impatto cromatico che lascia
presagire una buona dinamica evolutiva.
E con ogni probabilità lei si starà già innamorando.
Dopo portate il vino al naso e inspirate con delicatezza e
guardando il sommelier asserite che va bene e che può versare il vino nel
calice.
RICORDATE: voi non avete bisogno di assaggiarlo. Voi sapete
già tutto!
A questo punto siete soli e parlerete del più e del meno raccontando
soprattutto delle visite ai più grandi produttori del mondo (anche se non le avete
mai fatte) chiamandoli per nome come vostri vecchi amici.
E’ il momento della serata in cui lei comincerà a fare
l’analisi organolettica. Consiglio: lasciatela fare e fatele i complimenti.
Nel mentre mettete sul banco un carico da undici aggiungendo
alla sua descrizione alcuni sentori assurdi ma precisi: una bellissima nota di noci di macadamia, una sfumatura di ribes
provenzale, e a chiudere la
partita l’alchechengi.
E vi assicuro che nessuno sa di cosa odora l’alchechengi
nemmeno alchechengi stesso!
State pur certi che ora
lei è già pronta a passare il resto della vita con voi.
Ma non è finita qui. Lei, continuando nella degustazione, comincerà a pensare: secco, caldo, morbido, mediamente persistente e così via.
E’ in questo momento che allungate una mano a sfiorare la
sua ed esclamate con voce decisa: questo è un grande vino ma al di là di tutto
mi fa impazzire la parabola monodirezionale che disegna in bocca
stratificandosi e amplificando pressione e allungo.
Ora non importa se voi assomigliate a Lino Banfi, è in questo preciso istante che vi sta guardando come un ribelle a torso nudo e braghe di pelle sulla sua harley che attraversa il deserto, con il vento tra i capelli e l’occhio socchiuso da guerriero, che la salva dalla banda di motociclisti che la tiene prigioniera.
Siate signori, pagate il conto e accompagnatela a casa ma sappiate che se l’aspirante sommelier non vi invita a salire tanto vale che prendiate i voti.
Non ditemi grazie.
Il talento è poca cosa ne non condiviso.
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