Massimo Lanini, il canto libero di un bischero "tosco-barese"



Massimo Lanini, manager e imprenditore toscano, cervello in fuga dalla sua regione per la Puglia, dove trova il suo destino e il suo futuro scritto nel vino e nella ristorazione barese. Genio e sregolatezza, direbbe qualcuno, ma chi lo conosce sa che di regole lui ne ha tante e le ha trovate qui, sul mare pugliese, nei muretti a secco della Murgia e negli occhi della sua Flora, compagna di vita e di avventura. “Le giare” ristorante, la vineria, le fiere sono solo l’inizio della storia, ancora tutta da raccontare, di un toscano “naturalizzato” barese. L'abbiamo intervistato a pochi giorni dalla apertura del suo nuovo locale il Canto dei Bischeri, una vineria con cottura. 


Tutte le strade portano in Puglia: tu come ci sei arrivato? 
Ci sono arrivato con la scusa del lavoro, ci sono rimasto con la scusa dell'amore.

Non hai mai perso l'accento toscano. Cos'altro della tua regione ti è rimasto attaccato alla pelle? 
La domanda che mi viene fatta spesso è: cosa ci fa un toscano a Bari? Da questo capisci la dicotomia, orgoglio in casa e sudditanza fuori. Della Toscana mi piace il senso di convivialità e il bisogno di compagnia che si sposa con il calore ormai unico dei sud del mondo. Quello che mi è rimasto più appiccicato addosso è proprio l'assoluta necessità degli altri.

Cosa è il gusto per te? È stato difficile da toscano avvicinarti ai sapori pugliesi?
Il gusto è memoria e ricordo, associazione a luoghi e uomini. Ed è per questo che uno stesso vino, stessa annata, cambia a seconda del tempo, del luogo e della compagnia.

Quanto conta la memoria del gusto ?
La memoria del gusto conta tanto nell'edonismo del buon bere e mangiare. Non dobbiamo avere chiusure mentali verso altre esperienze gustative e sapori nuovi altrimenti, come in molti casi, si continua a bere vini che conosciamo e dalla memoria cerchiamo non emozione ma sicurezza.

Come ha fatto un toscano a diventare protagonista della scena culinaria barese? Che resistenze hai incontrato? 
Protagonista è una parola grossa, riuscire a fare certe cose è una questione di fortuna nel senso che incontri persone appassionate. Al vino devo molto e ai vignaioli ancor di più. Mi hanno educato al tempo e alla fiducia, a servire i vini solo al calice e strappare anni fa la carta dei vini. Non è stato atto pseudo-anarchico e presuntuoso ma figlio del desiderio di trovare il modo di avvicinare le persone a vini anche “diversi” e meno conosciuti. A tal proposito vi dico che Firenze città è messa peggio e che si beve solo toscano e le solite cose. Le resistenze sono tante e tuttora rimangono. E’ italica la diffidenza con chi ti propone a casa tua una cosa diversa dalla tua abitudine.

Parlano i vignaioli: una tua iniziativa che ha avuto molto successo. Cosa è per te il vino naturale?
Nessuno vuol essere manicheo ma un'idea delle cose te la devi pur fare. Negli anni ho sempre più sentito la necessità della piccola dimensione e dell’artigianato del vino del cibo e di tutte le cose in genere. Il nostro è un paese fatto di piccole comunità e la nostra dimensione è fondamentale per "evolvere all'indietro" e rimanere legati alla tradizione in un momento in cui non si può non riconoscere il manifestarsi di una guerra in atto fra noi e le mega multinazionali che omologano di tutto con la standardizzazione di ogni processo e annullamento del caso e dell'imprevisto: ti fanno abituare al cibo preconfezionato con la scusa della sicurezza alimentare.

Hai scelto Antonio Bufi in cucina: cosa ti aspetti da lui? Che mission gli hai dato?
Antonio Bufi rientra nella fortuna degli incontri e dei momenti in cui le strade parallele si incrociano. La sua voglia di tornare in Puglia e l'orgoglio di fare belle cose nella sua terra lo hanno portato a casa nostra che per lui sarà il punto di partenza di quello che realizzerà professionalmente. Siamo personalità esuberanti entrambi, come dire portiamo due paia di occhiali diversi ma guardiamo sicuramente dalla stessa parte.
La sua è una cucina che mi sento di definire naturale, non solo e non tanto per l'idea e proposizione dei piatti ma per l'approccio ai singoli elementi lavorando soprattutto sulla “ricerca”, parola quasi vietata per legge in questo paese. Quindi la mission e' semplice: divertirci e tanto e non da soli, pensando di fare qualcosa di gradito e utile al territorio in cui stiamo vivendo in questo tempo.

La differenza tra la cucina pugliese e la Toscana? Quale ha il gusto più internazionale?
È un paragone forzato nel senso che per scelta di materie prime e dimensione (agricola e mare) sono due campionati diversi. La Puglia "c'ha troppa più roba". La Toscana fino a poco tempo fa aveva piu' mercato. Il fatto che dal punto di vista dei flussi e del turismo la Puglia cerchi di fare come in passato la Toscana mi fa decisamente paura, preferirei rimanesse com'era, senza tanto cabernet sauvignon e petit verdot, diciamolo.

La nuova avventura Lanini Style è il wine bar. Definisci il tuo nuovo progetto in tre righe
La vineria con cucina (apriamo giovedi' 7 Aprile) è di fatto il mio sogno da sempre. Un posto senza orpelli dove c'è il menù dei vini che cambia ogni 20 giorni e la carta dei cibi una volta tanto a servizio del vino. Sarà una sarabanda di mescita al bicchiere fatta dai vignaioli stessi che ormai sono sempre più contenti di venire in Puglia. I piatti sono pensati per dar consistenza all'idea di voler bere cercando come oste di essere non un tramite di prodotto ma di conoscenza. Tra Antonio e me le idee non mancano, adesso dobbiamo consolidare quello che stiamo facendo.

Ristorante, wine bar, fiere del vino, mercatini: che altri progetti stai covando?
Il prossimo passo è quello dell'apertura in centro di uno spazio naturale dedicato agli incontri, alle mescolanze di vini, cibi, libri, musica, cinema, fotografia e tutto quello che secondo me riscopriremo nel nostro umanesimo innato. E il vino è il detonatore migliore che conosco.





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