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Pietro Macellaro alla Città del Gusto di Napoli: la pastiera rivisitata





Lasciata la confusione colorata dell’hinterland partenopeo, entro nell’area riservata agli ospiti dell’evento "Tre Torte" del Gambero Rosso. Pietro e Raffaella, anima commerciale dell’azienda, sono già arrivati puntuali e sorridenti e ci aspettano nel salone della Città del Gusto.

Si va in scena, dunque con lo showcooking di Macellaro.
Nel primo atto Pietro si dedica personalmente con cura e attenzione agli allestimenti dei banchi di assaggio dei suoi prodotti. Riceve gli ospiti di ogni dove tra appassionati, esperti e addetti ai lavori, sicuro di sé e della sua arte che andrà di lì a poco a presentare.

Nel secondo atto ci accoglie nella cucina professionale della scuola del Gambero Rosso dove, in collaborazione con Pietro, due assistenti già sminuzzano, preparano e tagliano tutti gli ingredienti necessari alla sua “Pizza dolce di grani antichi”.
I grani carosella e saragolla, prodotti nella valle di Pruno dell’Alto Cilento, ecco i protagonisti essenziali della personale interpretazione della pastiera napoletana.
“Grani dimenticati” racconta, “perché poco produttivi, che lasciano spazio a coltivazioni più redditizie interrompendo il ciclo naturale della storia agricola del territorio”. Ma Pietro ritrova la sua storia e ce la racconta con la sua pastiera rivisitata.

Va in scena ora la preparazione della pasta sablé eseguita utilizzando le farine dei grani selezionati, scure perché ricche di sali minerali. Unite al burro di latte di bufala in percentuali più alte rispetto al peso della farina. “È questo”, ci spiega, “che conferisce friabilità alla frolla”.
Si passa ora al ripieno, il suo vero punto di forza: uova freschissime battute a parte con lo zucchero semolato, ricotta di latte di bufala e i suoi grani semi-selvatici carosella e saragolla, bolliti prima in acqua e poi nel latte rigorosamente fresco di bufala. È il momento dei profumi: la vaniglia, quella pregiatissima di Tahiti, scorza di agrumi grattugiati e poi arancia candita, olio di lavanda, cannella e fiori di arancio. La vera differenza, però, la fa l’aggiunta del legume locale: la cicerchia del Cilento.

Il segreto di Pietro sta nel regolare la densità degli ingredienti del ripieno, precisissima e armonica.
Così, mentre dispensa alcuni consigli da maestro pasticcere ai presenti, pone il ripieno negli appositi stampi e si va in forno 190/200 per mezz’ora circa.

Siamo alla scena finale e come per ogni spettacolo che si rispetti arriva l’applauso del pubblico in sala.
Bravo Pietro! Il bis non ci sarà, ma solo perché siamo già tutti in attesa di assaggiare il suo Cilento, la sua pizza di grani, le sue torte, i suoi dolci pasquali e il suo squisito Panbrigante.
A pensarci bene, quello che mi rimarrà della giornata non sarà solo l’eccellente pastiera e nemmeno Pietro con la sua arte ma la sua voglia di “raccontare” e la mia di ascoltare una storia millenaria di gusti, gesti e sapori intimi e ancestrali, una storia andata in scena alla perfezione.

Buona la prima, non si cambia nulla.



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