Mario Notaroberto, l'ultimo dei briganti galantuomini


Passando dal Cilento, nei pressi di Palinuro, camminando a ridosso di una lussureggiante collina a picco sull'azzurro Tirreno, ti potrebbe capitare, come é successo a me, di incontrare Mario, con la sua camicia a quadri, barba bianca e capelli da brigante. In spalla la sua vanga, perché lui, nei suoi campi, ci lavora davvero.

“Sono un semplice contadino”, afferma caparbiamente , “non un produttore e nemmeno un vignaiolo”.

Ma questo brigante campagnolo, ribelle, ostinato e dal carattere scontroso, ha un cuore grande che batte lì, nella valle del fiume Lambro ai piedi del monte Gelbison, il più alto del Cilento, dove siedono le sue vigne.

Quel cuore palpitante nessuno riuscirà a trapiantarlo altrove, tantomeno in Lussemburgo dove Mario Notaroberto, partito giovanissimo dalla sua terra cilentana, possiede un'avviata attività di ristorazione e una fornitissima enoteca con etichette di pregio.

E’ qui che accoglie gente da ogni dove perché da Mario c'è poco da pensarci, si mangia bene e si mangia italiano.
Sceglie con attenzione i suoi prodotti facendo la spola tra Lussemburgo e il suo Cilento e si avvale della collaborazione di chef che provengo da ogni parte d'Italia caratterizzando perciò la sua cucina in una gastronomia tutta territoriale.

La vita di Mario é scandita dalle partenze: va via giovanissimo da una terra affamata, un luogo tra inferno e paradiso che genera briganti galantuomini in lotta contro i soprusi, ma che segna l'infanzia e ne lascia il ricordo.

Ma il ritorno é per Mario quasi una "esigenza sociale e politica".

Lui che ha sulle spalle la fatica del lavoro duro, nei suoi progetti parte sempre da zero. Nulla di ereditato, tranne l'amore per il Cilento e il vino sarà il suo unico compagno di viaggio.

Torna dunque nella sua terra, acquista, impianta, vinifica e fa impresa.
Nasce così Albamarina, l'azienda dove cura il suoi fiano Valmezzana e Primula e l'aglianico Agriddi, con l'onestà intellettuale che ogni produttore dovrebbe avere.

"Quando offro il mio calice devo stupire e incantare" afferma con orgoglio. Il mio è un vino "senza parole" perché a nulla serve descriverlo. Bisogna berlo".
E così, ogni volta che gli è possibile, ritorna in vigna a cullare la sua uva, la sua "creatura" a cui non sottopone uso di chimica e fertilizzanti riuscendo a regalarci un prodotto tutto "vin nature".

Il vino di Mario Notaroberto racconta di un brigante cilentano allontanato dalla terra che lo ha generato, parla di quel ragazzo rivoluzionario e trasgressivo, contestatore ed estremista, di una lotta storica, di abbandono e ritorno, dell'uomo che espatria e viaggia per una vita intera mentre il suo cuore bambino resta a Marina di Camerota.

Il tempo passa ma il suo stile di vita resta, sarà quello del viaggiatore eternamente insoddisfatto, che gira il mondo invitato a conferenze ed eventi per trovare soluzioni, per migliorare, crescere e terminare i progetti legati alla politica ambientale e al suo territorio, dove ci può essere futuro per i giovani che devono rimanere e crederci.

Nel sua terra il tempo si è fermato e mentre parla mi scopro ad osservarlo come il dipinto di un eroe in un quadro del tormentato risorgimento italiano.
Non credo che per quanto mi sforzi riuscirò mai a comprendere la sua vera personalità, ma so altresì che se un giorno dovessi ripassare dal Cilento, ci sarà un brigante ad aspettarmi, armato della sua vanga, con la sua camicia a quadri e con ancora nel cuore la sua fede rivoluzionaria.

Nel Cilento è Risorgimento tutti i giorni.


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